Alto Adige: Rusina dice addio alle caricature, «mi dedico all'arte»

In mostra le opere del celebre vignettista: una spallata all'establishment



BOLZANO. Ci fu una stagione in cui l'informazione alternativa in Alto Adige passava soprattutto attraverso le opere di un disegnatore scurrile quanto raffinato: nella prima metà degli anni '90 i «cartoons» di Egon Moroder Rusina sul settimanale «Südtirol Profil» erano la notizia più vista e commentata in tutta la provincia. Ora l'annuncio: «Non disegnerò mai più quelle cose - ha affermato Rusina -, non ne ho più la forza né la voglia. Ora voglio dedicarmi ad un'arte più importante».  Le opere di Rusina erano una spallata all'establishment senza precedenti: fisionomie e dettagli anatomici dei principali personaggi della scena politica locale e nazionale deformati realisticamente con grottesca genialità. Temi scottanti sintetizzati con verve sarcastica armata di una matita intinta nello sdegno più acceso. Ora questi disegni sono stati presentati in una mostra retrospettiva nell'ambulatorio-galleria di Peter Lentsch e Martin Steinkasserer a Bolzano. Definirli graffianti è riduttivo, perché Rusina sapeva mettere la propria maestria al servizio di un linguaggio di protesta portato all'estremo: i suoi disegni parevano la trasposizione in immagini delle poesie del «Juke-box all'idrogeno» di Allen Ginsberg. Erano delle vere e proprie bombe satiriche, ma la forma, cioè un segno raffinatissimo, riusciva disinnescare il potenziale dissacrante del contenuto e a mantenerlo in equilibrio sul crinale del lascivo. E c'era un altro elemento che impediva che la satira del disegnatore gardenese valicasse la soglia dell'insulto e dell'oscenità: quei disegni erano l'urlo di un artista che si faceva partecipe della disperazione dei suoi conterranei. Nessun compiacimento, ma solo autodifesa nel solco della grande letteratura, in cui gli incubi vengono descritti minuziosamente solo per essere esorcizzati.  Lo ha messo bene in rilievo Arnold Tribus nella propria presentazione alla vernice, dicendo che Egon Rusina non rideva mai disegnando le scene che poi invece avrebbero fatto sbellicare il pubblico: non disegnava per divertirsi, ma per difendersi dalla volgarità e dall'arroganza del potere. Lo ha poi confermato lo stesso artista spiegando che si sentiva tradito e schiacciato dalle trame opportunistiche e disoneste dei politici. È stata una lotta titanica che lo ha estenuato. «Non disegnerò mai più quelle cose - ha annunciato Rusina - non ne ho più la forza né la voglia. Ora voglio dedicarmi ad un arte più importante».  Quest'arte più importante è quella che da qualche anno lo vede in attività quale vero e proprio asceta della pittura. Isolato in un alpeggio in compagnia di capre e galline, Egon è alla ricerca di «un infinito spazio vuoto» pittorico. Copre le proprie carte con una ritualità da iconografo di strati monocromi. Ne nascono delle vere e proprie formelle che poi vengono allineate in gran numero. Al momento è alla ricerca del giallo ideale, un giallo neutrale, trasparente, senza tendenze, né caldo né freddo. «Quando ci sarò riuscito - annuncia - forse passerò al bianco».  Ma per intanto i riflettori sono ancora puntati su quelle fantasmagorie impertinenti che hanno fatto epoca. C'era solo un soggetto - ha ricordato Tribus - che Egon dipingeva con il sorriso sulle labbra: le terga candide di Eva Klotz identificabili grazie alla trecciona che tra di esse penzolava maliziosa.  La mostra «Cartoons Südtirol Profil» allestita nello studio Lentsch-Steinhkasserer di Cassa di Risparmio 8 a Bolzano è visitabile dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16.

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