Anche lo Schütze nero sfila per Sepp

Insieme ad altri duemila tiratori. In prima fila l’assessore Martha Stocker ed Eva Klotz e centinaia di giovani indipendentisti


di Massimiliano Bona


SAN PAOLO DI APPIANO. Eroe e figura di spicco per molti sudtirolesi, terrorista e separatista per gli italiani. Sepp Kerschbaumer, commemorato ieri a 50 anni dalla sua morte nel Duomo di San Paolo alla presenza di diversi esponenti della Svp (Stocker e Hosp) e della destra tedesca, è ancora oggi uno dei personaggi che più divide le due etnie più rappresentate in questa terra. A ricordarlo, ieri, sono stati poco meno di 2 mila Schützen, con compagnie provenienti da ogni angolo della provincia, segno evidente che la voglia di separatismo c'è ancora, anche fra le nuove generazioni.

Uno dei protagonisti più attesi era John Christopher Valdez (20 anni), primo cappello piumato di colore iscritto alla compagnia di Lagundo, ieri alla prima passerella ufficiale. Non si è ritratto davanti a «flash» e telecamere ma ha fatto capire di sentirsi come gli altri. Sa di aver infranto un tabù, ma ha spiegato di essere perfettamente integrato nella vita del paese. Non milita, infatti, solo nei cappelli piumati ma anche nel corpo volontario dei vigili del fuoco e nella Croce bianca. L’unica cosa a renderlo “unico” è la pelle più scura che ha ereditato dalla madre dominicana.

A sfilare, assieme a padri di famiglia e cappelli piumati ultraottantenni, c’erano anche bambini, adolescenti e ragazzine in «dirndl», tutti accomunati dal desiderio di ricordare una figura che per il mondo tedesco è ancora più che mai attuale e “viva” mentre per il mondo italiano - almeno quello che in Alto Adige ha messo radici da un paio di generazioni - è anacronistica. Nella piazza centrale del paesino dell’Oltradige giravano incuriositi - a caccia di “selfie” - decine di turisti italiani, arrivati per visitare presepi e mercatini. Molti di loro hanno scoperto per la prima volta le strade tappezzate da bandiere biancorosse con le aquile ma anche i coloratissimi costumi sudtirolesi, con «dirndl» moderni e alla moda. Tra i tanti Schützen rimasti fuori dalla chiesa molti invocavano il Sudtirolo libero. «Non ci manca niente, l’autonomia è piena ma con questa Italia sentiamo di avere poco a che spartire. Gli ideali ai quali tendere sono ancora oggi quelli di Kerschbaumer».

La cerimonia in pompa magna di ieri, dopo l'affissione (domenica) di una targa commemorativa alla trattoria Schenk di Frangarto è stata l'occasione per ricordare la figura di Kerschbaumer. Ovviamente vista con gli occhi dei cappelli piumati. Kerschbaumer, che era un fervente cattolico, si è formato al Rainerum ed era figlio di commercianti. Nel 1934 fu confinato a Potenza e rientrò in Alto Adige solo grazie al condono di Mussolini. Durante il periodo delle opzioni espatriò in Germania e dopo la seconda guerra mondiale si iscrisse alla Svp. Deluso dalla linea “tollerante” della Stella Alpina fondò un nuovo movimento, il Bas (Befreiungsausschuss Südtirol), e durante la manifestazione del 1957 a Castel Firmiano distribuì i primi volantini che inneggiavano alla libertà del Sudtirolo.Nel 1964 venne condannato a 15 anni e 11 mesi per l'organizzazione di diversi attentati, per i quali ammise ogni responsabilità. Poco dopo morì d'infarto in carcere a Verona e 15 mila persone parteciparono ai funerali. In realtà Kerschbaumer ha fatto discutere molto anche dopo la sua morte, soprattutto quando il Comune di Appiano - negli anni Novanta - gli ha intitolato una via. Poi, a 50 anni dalla Notte dei fuochi, l'Heimatbund ha fatto coniare una medaglia in suo onore. La cerimonia, ieri, è proseguita al cimitero di San Paolo dove è venuta fuori la “pancia” dei sudtirolesi. È stato letto un messaggio dell’ex terrorista Heinrich Oberleiter, condannato in contumacia a due ergastoli. «Oggi ci sono altre vie, diverse da quella della violenza, per battersi per la riunificazione del Tirolo». L'ex membro dei «bravi ragazzi della valle Aurina», dal 1963 vive tra Austria e Germania. «Non eravamo - ha detto - nè di destra nè di sinistra, ma spinti dall'amore per la Heimat. Sono fiero di ciò che abbiamo raggiunto in questi 50 anni, ma resta la ferita dei toponimi e dei monumenti fascisti». Già, due visioni della storia.

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