Archivio storico, l’addio polemico di Hannes Obermair

Il direttore lascia a settembre: «L’aria proprio non mi piace» La scelta è dovuta anche ai contrasti con Anna Vittorio


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «Ha presente la frase di Hannah Arendt, "nessuno ha il diritto di obbedire"? Ecco, nel mio piccolo, quella vale anche per me...». Se ne va Hannes Obermair. Più che direttore, anima dell'archivio storico del Comune. Da quando vi si è installato, nel 2002, il suo ufficio di via Portici, l'antico municipio, è diventato un luogo di incrocio di saperi. Molto al centro dei dibattiti: monumenti, storicizzazioni, politica e ricerca. Vivo, vivissimo. Forse troppo? «Lascio a settembre» ha detto ieri. Il perché che dice a voce alta è questo: «Cerco nuovi stimoli altrove. Naturale, no?».

Quello che dice a voce bassa è invece anche questo: «Da un po' sento un'aria che non mi piace. Qui e in Comune. Mi sembra di essere un animale in gabbia». Chi l'ha visto entrare e uscire in queste settimane nelle stanze della ripartizione Cultura parla di accesi contrasti tra lui e Anna Vittorio, autorevole e combattiva (è reduce da una lunga e accanita battaglia giudiziaria per la riconquista del suo ruolo) responsabile del settore. «Beh, sì - ammette il sindaco - non mi pare che i due si siano mai presi...». Ma proverà a recuperare il suo direttore dell'archivio, Renzo Caramaschi. «Mi ha dato appuntamento a tra due settimane. Vorrà lasciar raffreddare la questione immagino. Gli parlerò ancora. Ma non so...». Non sa cosa sindaco? «Detto in soldoni: Obermair è un genio. Un grande storico. E anche un cavallo di razza. Ma qualche volta questi cavalli mordono il freno, fanno fatica a stare nelle gabbie di partenza delle corse... Lo so io per primo: la burocrazia è indigesta». Insomma, la percezione è che la convivenza tra direttore dell'archivio e suo diretta superiore in muncipio sia stata difficile fin dall'inizio. Con Obermair a chiedere libertà di iniziativa, in linea con lo stile di lavoro dei suoi uffici fin dal 2002, e Anna Vittorio a tentare di rimetterlo sui binari di un controllo più ravvicinato. Ma questa è una ipotesi. Pochi parlano. Anche Patrizia Trincanato, ex assessora alla Cultura, protagonista anche lei di accese discussioni , fino alla rottura, con la funzionaria, chiede tempo: «Prego, non mi faccia parlare. Lo so, ho sentito, lavoro anch'io in Comune...».

E allora, Hannes Obermair?

«Vado. Aria nuova».

Ha litigato con qualcuno?

«Mi limito a citare Berlinguer: la mia spinta propulsiva si è esaurita...».

Contrasti con i suoi superiori in Comune?

«Cito, questa volta la Arendt: nessuno ha il diritto di obbedire. A proposito: questo sarà il mio ultimo lavoro. Ho consegnato il testo della storicizzazione del bassorilievo di Piffrader assieme agli altri storici della commissione. Sarà installata in piazza Tribunale».

Nel senso che a volte obbedire non è una virtù quando chi comanda comanda troppo?

«Non voglio metterla sul personale. Sono cose delicate che è giusto restino in possesso solo degli interessati. Parlerò con più serenità tra un paio di settimane».

Lei è uno storico che non ha avuto mai paura di confrontarsi con vicende sensibili. Ha aperto alla Bolzano razionalista, ha discusso di toponimi, di monumenti. L'archivio è diventato un luogo aperto al dialogo. Troppo?

«Forse sì. O forse sono stato io a non essermi fatto capire».

Si è preso eccessivi margini di iniziativa?

«Il confronto non è mai troppo. Ripeto: è una questione mia. Mi sento legato».

È la ragione delle sue dimissioni?

«Una delle ragioni è che è sempre bene cercare nuove esperienze. L'altra è che una bella spinta a trovare nuovi stimoli mi è stata data da quello che ho iniziato ad avvertire qui, all'interno del municipio...Ma basta così, prego".

Ha parlato col sindaco?

«Certamente. E mi ha fatto piacere prendere atto della sua solidarietà nei miei confronti. Non ha preso le parti di nessuno, come è corretto. Ma mi ha detto parole piacevoli».

Proverà a convincerla a strappare le dimissioni?

«Così mi è stato anticipato. Ma non so... Ormai il più è stato fatto. Sarebbe complicato ritornare indietro a ferite ancora aperte. Ma sono molto felice del lavoro fatto finora. Quello sul duce a cavallo è stato uno dei più interessanti, assieme a quello sul monumento alla vittoria e il suo museo naturalmente. Ecco: sono due casi in cui il mio Comune ha mostrato di esserci e Bolzano di poter diventare un luogo in cui tutto può essere discusso e rivisto. Ma con correttezza storica e sensibilità rispetto al presente».

Emozioni che si porta via?

«Il dialogo tra la città di lingua italiana e quella tedesca. Quando lo si mette in atto è sempre sorprendente. Basta iniziare, poi i muri si sbriciolano...».

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