Armin Kobler e il sogno di... vino

L’enologo di Laimburg, con un passato da astemio, nel 2006 ha cambiato vita e fondato una sua cantina a Magré


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Quando nel 2006 ho detto a mio padre che volevo fare il vignaiolo, l'ha presa male. Tanto che ha cercato di convincermi che era molto meglio che continuassi a fare quello che avevo sempre fatto, ovvero l'enologo con la passione per la ricerca al Centro di Laimburg». A distanza di tempo però Erich Kobler, 86 anni, che con i soldi guadagnati prima come agente di commercio di impianti di irrigazione e poi come dipendente della Amonn fitochimica negli anni ha messo insieme pezzettino dopo pezzettino cinque ettari di preziosa campagna nella zona di Magrè, ha dovuto ricredersi: suo figlio Armin, 50 anni, ha dimostrato di saperci fare. Oggi è uno dei 92 vignaioli dell'associazione altoatesina di cui è anche vicepresidente, oltre che vicesindaco di Magrè.

«Ho voluto realizzare un sogno: anche se devo dire che i pensieri sono aumentati e soprattutto all'inizio non ci dormivo la notte vedendo la cantina piena di bottiglie. Ma oggi sono contento».

Come fa un astemio a diventare vignaiolo?

«Ho preso da mio padre: è astemio da una vita. Io lo sono stato fino a vent'anni fa. Ho scoperto il vino, quando frequentavo la facoltà di Scienze agrarie di Vienna e mi sono ubriacato con un gruppo di amici».

Suo padre coltivava le viti, ma poi conferiva tutto alla cantina sociale di Cortaccia, lei invece ha deciso di mettersi in proprio.

«Mio padre ha più l'anima del commerciante; io ho voluto provare, sperimentare. Ho iniziato trasformando il garage in cantina. Oggi io e mia moglie lavoriamo l'uva prodotta su due ettari del nostro terreno, il resto continua ad andare alla Cantina ».

Quante bottiglie all'anno?

«Quindicimila all'anno».

Che vini producete?

«Chardonnay, Gewürztraminer, Pinot grigio, Cabernet, Merlot».

Punta ad aumentare la quantità?

«Non mi interessa. Mi piacerebbe, e qui viene fuori il ricercatore che c'è in me, produrre più tipi di vino. Quest'anno ho chiesto alla Cantina di Cortaccia di poter trattenere una piccola parte di Pinot grigio prodotta su altro appezzamento di nostra proprietà e finora conferito in Cantina: voglio vedere la differenza con quello che produco abitualmente a poca distanza. Sarà il consumatore a dirmi qual è il migliore».

Come ha fatto all’inizio a farsi conoscere?

«Semplice. Ho preso una borsafrigo, ci ho messo dentro alcune bottiglie e ho cominciato a girare, presentando il prodotto. Piano piano hanno iniziato ad arrivare i primi ordini, ma mio padre era sempre piuttosto scettico. Ci ha creduto quando dopo i bonifici, abbiamo ricevuto anche i nuovi ordini. Adesso è lui che tante volte va a fare le consegne in giro per la provincia: approfitta dell'occasione per rivedere qualcuno di coloro che aveva conosciuto quando era stato presidente delle Casse Rurali».

Chi sono i suoi clienti?

«Per il 60% ristoranti ed enoteche altoatesine, circa il 30% della produzione va nel resto d'Italia, il 10-15% è destinato alla vendita diretta e un 5% in Germania».

Il suo cliente più lontano?

«Un cinese».

Come mai ha conosciuto i suoi vini?

«In occasione di una manifestazione di vignaioli in Italia: fra noi abbiamo imparato a fare gruppo. Ciascuno ha nel proprio stand anche i vini del collega. Il rappresentante cinese cercava un Brunello e il collega gli ha proposto anche i miei vini e lui li ha ordinati».

Come sono i rapporti tra vignaioli e Cantine sociali?

«Molto buoni. Anche perché le cantine sociali altoatesine sono tutte di ottimo livello».

Cosa caratterizza il vignaiolo?

«Il fatto di produrre vini che derivano dalla coltivazione dei propri vigneti».

Mai pensato di tradire l’uva per le mele?

«No. Anche se è più redditizio e a suo tempo mio padre ha potuto comprare i terreni proprio grazie alla rendita delle mele. Però questo è un settore che corre veloce, io preferisco le cose più lente».

Quante persone lavorano nella sua azienda?

«Oltre a me e mia moglie Monika Gamberoni, da maggio, fino in autunno, lavora per noi da 17 anni una coppia di slovacchi. Terminati i lavori del raccolto, lui va a fare il terzo cuoco in un albergo, lei fa la badante a Magrè. Per la potatura mi dà un mano un pensionato della zona».

I giovani sono attratti da questo mondo?

«Nessun problema di ricambio generazionale. Sono bravi, conoscono le lingue, grazie anche all’Erasmus vanno a fare esperienze in giro per il mondo».

Com’è la nuova cantina Kobler inaugurata da poco?

«Non si vede».

In che senso?

«Nel senso che ho voluto evitare di consumare terreno e quindi gli architetti Theodor Gallmetzer e Lukas Mayr hanno trovato una soluzione grazie alla quale la nuova cantina è interamente sotto terra».

A maggio si ricandiderà?

«Devo pensarci, perché gli impegni sono sempre maggiori, e le aspettative dei cittadini continuano ad aumentare, mentre la considerazione di chi fa politica è pari a zero».













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