BOLZANO

Asili italiani in Alto Adige, «così non va»

In 5 anni persi 250 iscritti. Rauzi: più ore di tedesco. Minnei: non è questione di quantità


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Spariranno altre quattro sezioni dalle scuole materne italiane? È chiaro: le famiglie stanno facendo quello che i politici non hanno saputo fare, ovvero puntare con decisione sul bilinguismo precoce. È dimostrato scientificamente che è la fascia tra i 3 e i 6 anni, il periodo chiave per l’apprendimento di una lingua. Mi dispiace dirlo ma l’offerta nella scuola italiana non è ancora sufficiente e il risultato è che i genitori iscrivono i figli in quelle tedesche. Non lo era a metà degli anni ’70 quando io stessa ho iscritto mia figlia alla scuola tedesca e non lo è neppure oggi: anche le mie nipotine frequentano le scuole tedesche e parlano indifferentemente le due lingue». Bruna Rauzi - una vita nel mondo della scuola prima come insegnante, poi dirigente, quindi per 16 anni, fino al 2009, alla guida della Sovrintendenza - commenta così l’annunciato taglio di quattro sezioni per l’anno scolastico 2016/2017 all’Airone in via Aosta e al Dolomiti di Piani, oltre a Bronzolo e Merano, dovuto al calo complessivo di iscritti: 250 in meno in cinque anni. Ciò a fronte di un aumento degli alunni nelle scuole dell’infanzia tedesche: 257 in più, per un totale di 12.378.

«Come ampiamente prevedibile - dice Rauzi - non si arresterà la migrazione, fino a quando non si investirà di più sul bilinguismo precoce: le lingue si imparano attraverso le emozioni e le esperienze di vita che in tenera età significa essenzialmente gioco, più che attraverso le materie. Ma non è solo un problema linguistico, a livello scientifico è stato dimostrato che un bambino bilingue sviluppa maggiori capacità cognitive che gli consentono di risolvere più facilmente anche problemi complessi».

È il vecchio cavallo di battaglia dell’ex sovrintendente che ha sempre creduto più nel contatto già da primi anni di vita del bambino con l’altra lingua che nell’immersione, o per meglio dire nell’uso veicolare della seconda lingua (geografia in tedesco, tanto per fare un esempio).

«A metà degli anni ’90 - ricorda - eravamo riusciti a partire con un progetto sperimentale, ottenendo dalla Provincia 17 insegnanti di madrelingua tedesca da inserire in alcune scuole materne, anticipando così l’approccio all’altra lingua che allora partiva solo dalle elementari. Poi però anche i genitori di altre scuole hanno chiesto che la sperimentazione venisse estesa. Con il risultato che lo stesso personale venne spalmato su più sezioni e quindi come una medicina che venga diluita troppo, perde di efficacia».

In Alto Adige le “ricette” per migliorare il bilinguismo - tema per altro sul quale la Provincia investe economicamente molto - si scontrano regolarmente con una duplice necessità: salvaguardare i posti di lavoro delle insegnanti italiane e non violare lo Statuto di autonomia.

«L’articolo 19 dello Statuto è ormai superato - dice Rauzi -: la società è pronta per una scuola bilingue, dove si insegni rispettivamente in italiano e tedesco e poi si facciano una serie di attività in comune. Per quanto riguarda poi il rischio di perdere posti di lavoro, il problema si risolverebbe se ci fosse reciprocità con la scuola tedesca».

La sovrintendente. «È vero si tagliano quattro sezioni tra Bolzano, Bronzolo e Merano, ma ne abbiamo aperte due a Vipiteno e Ora: totale due sezioni in meno su 172 complessive a livello provinciale per un numero complessivo di 3.450 bambini, non mi sembra un numero tale dal far gridare alla disfatta. In cinque anni abbiamo perso nelle scuole dell’infanzia 250 iscritti, ma nella primaria e secondaria dal 2010 ad oggi ne abbiamo 1500 in più. Del resto, in periferia si assiste al fenomeno inverso: sono i bambini di lingua tedesca che si iscrivono nelle scuole italiane». La sovrintendente Nicoletta Minnei difende il modello di bilinguismo offerto dalla scuola italiana, nonostante si assista ormai da anni ad un aumento delle iscrizioni nelle materne tedesche. Con tutto ciò che questo comporta, perché ormai in diversi istituti dove si insegna la lingua di Goethe si arriva al paradosso di avere quasi più italiani e stranieri che tedeschi.

«L’impegno nostro e degli insegnanti - assicura Minnei - è notevole, anche un recente convegno con esperti internazionali ci assicura che il nostro approccio è quello giusto. Non solo: da settembre nelle scuole dell’infanzia si introdurrà anche l’inglese. Ciononostante capita che una parte delle famiglie abbia la sensazione che la presenza del tedesco nelle nostre scuole dell’infanzia non sia sufficiente».

Ma quante ore di approccio al tedesco, inteso ovviamente come gioco, sono previste? «Da un minimo di 5 ad un massimo di 8-9 ore alla settimana: non è però una questione di quantità, quello che conta è la qualità».

La dirigente. «Sono da 25 anni in questa scuola - spiega Mirca Passarella, dirigente delle Manzoni e delle Foscolo - e devo riconoscere che sono stati fatti passi da gigante: oggi i bambini arrivano da noi con sempre più competenze linguistiche e si inseriscono senza problemi nelle classi plurilingue. Si potrebbe comunque fare di più aumentando la presenza di collaboratrici pedagogiche di lingua tedesca nelle scuole delle infanzia e favorendo i progetti comuni tra classi dei due gruppi. Ciò non richiede particolari sforzi, visto che a Bolzano scuole italiane e tedesche spesso convivono sotto lo stesso tetto».













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