“Assalto” alla poltrona di Kompatscher

Un migliaio di visitatori negli uffici e in Consiglio. Fotografie e una pioggia di domande: «Quanto lavora il presidente?»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. «Mi voglio sedere sulla poltrona di Kompatscher». Il presidente si fa da parte. «Giusto, provate. Non è sempre comoda...». Palazzo Widmann pieno ieri pomeriggio. E anche il consiglio provinciale. Almeno un migliaio di persone hanno visitato ieri le due sedi principali del potere provinciale. Altre centinaia hanno curiosato tra gli uffici degli assessorati e le sedi a Merano, Bressanone, Egna, Brunico e Silandro. La Giornata dell’autonomia, che ricorda la firma dell’Accordo di Parigi di Degasperi-Gruber il 5 settembre del 1946, ieri per la prima volta è stata organizzata come una giornata delle porte aperte: «Amministrazione trasparente». L’idea è partita da Arno Kompatscher e dal suo staff, il consiglio provinciale si è unito con entusiasmo perché, ricordano i consiglieri-ciceroni, «le leggi si fanno qui». Smontare l’idea del potere come stanze chiuse, questo l’obiettivo. Porte aperte degli uffici e visite guidate a Palazzo Widmann e nel consiglio provinciale dalle ore 13 alle 17 per vedere come si lavora e chi ci lavora. «Ha funzionato, e non pensavamo che sareste stati così numerosi», hanno chiuso il pomeriggio in piazza Magnago Kompatscher e il presidente del consiglio provinciale Thomas Widmann. L’autonomia non è una entità astratta, questo lo spirito della giornata, è la gestione dell’Alto Adige nei palazzi che ieri hanno aperto le porte, una costruzione «che va avanti dal 1946, perché la storia non resta ferma», così Kompatscher, «e adesso attraversa difficoltà». Lo staff ha atteso i visitatori al secondo piano, «presidenziale», di Palazzo Widmann per le visite guidate. Ne hanno organizzate una ventina, con un pubblico più che misto, bambini, adulti, anziani, italiani e sudtirolesi. Alle pareti della sala d’aspetto ci sono i quadri di arte contemporanea prestati dal Museion. Kompatscher era in ufficio, tra le due scrivanie. «In questo tavolo lavoro da solo e qui invece tengo le riunioni». I bambini chiedono di sedersi e si mettono in posa per la foto. Gli adulti, anche. Le domande. Quanto lavora? Con quante persone? Cosa fa il presidente? E gli assessori, e lo staff? E il Consiglio? Chi scrive le leggi? «Inizio a lavorare alle 5.30, ma non qui...», la risposta, «Leggo le mail e i giornali sull’tablet a casa, poi vengo in ufficio». Le prime riunioni possono iniziare prima delle sette, «l’ultima di solito termina alle 21. Qualche volta si fa più tardi, parecchio più tardi». «Scusi, come fa a tenersi in forma?». «Il segreto è la domenica, la giornata con la famiglia. Inizia sempre con una corsa». E poi si scopre la virtù dell’auto blu con autista: «Non è un lusso, è il mio ufficio mobile. In ufficio ho solo riunioni. Le carte le studio negli spostamenti in auto». Nella sala di giunta ci sono i posti con i nomi degli assessori. I visitatori si siedono e sfogliano le cartelline con le delibere. Widmann e i consiglieri provinciali fanno gli onori di casa nel palazzo a fianco. «Dobbiamo ripetere ogni anno queste porte aperte. È solo un bene che i cittadini conoscano meglio come funziona la autonomia», ripete Widmann. Alessandro Urzì gira ovunque: «Ho guidato una decina di visite, essendo quasi l’unico consigliere italiano in sede...». Nel 1946 l’Accordo di Parigi non piacque alla popolazione di lingua tedesca e ladina, ricorda Kompatscher, «si sperava ancora nel ritorno con l’Austria». Ci furono trattative e il terrorismo, «che fu una dimostrazione della delusione». 68 anni dopo «proprio quell’accordo che sancì l’ancoraggio internazionale è la garanzia che rende più speciale la nostra autonomia». L’autunno sarà complicato: «Bisogna ripartire dai rapporti con Roma, dove lavoreremo per difendere competenze che vengono messe in dubbio e conquistarne di nuove». ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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