Astensione e Spagnolli I fantasmi dei democratici

Critiche interne per la corsa ai voti sudtirolesi e il poco impegno nei quartieri Ma i vertici blindano la strategia elettorale. Gnecchi: «Nessun errore»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Se la Svp non vuole che gli italiani si sentano sempre più esclusi, rischiando in questo modo di mettere in pericolo l'autonomia, già pesantemente attaccata a livello nazionale, deve assolutamente trovare il modo di dare al gruppo italiano due assessori, anche se in base allo Statuto gliene spetterebbe solo uno dopo che i consiglieri provinciali sono scesi da 8 a 5». Così Günther Pallaver, politologo altoatesino, che da Innbruck dove insegna all'Università, osserva quanto sta avvenendo in Alto Adige dopo il voto di domenica e immagina i possibili scenari.

La Svp però si aggrappa allo Statuto in base al quale la giunta deve rispecchiare la composizione del consiglio.

«Lo Statuto non è il Vangelo. A suo tempo, per esempio, si diceva che, nelle scuole italiane, non si poteva iniziare il tedesco dalla prima elementare, ma solo in seconda, perché lo Statuto lo vietava: adesso lo si fa tranquillamente. A mio avviso un assessore è il minimo garantito, ma nessuno vieta che, vista la particolarità della situazione, si possa applicare una proporzionale volontaria».

Che sarebbe?

«Una proporzionale che si basa su una scelta, che va oltre la logica puramente etnica,tenendo conto del fatto che la nostra autonomia si basa sulla concordanza, ovvero sulla massima inclusione di tutti e tre i gruppi linguistici».

Ammesso che si superi lo Statuto, i consiglieri Svp non rinunceranno tanto facilmente ad avere un assessorato in più rispetto a quanto avuto finora.

«Invece che a nove potrebbero fare una giunta a dieci. O se, sbagliando a mio avviso, proprio non vogliono dare due assessorati al gruppo italiano, almeno, oltre all'assessorato che gli spetta di diritto, gli diano come avviene nei comuni delle deleghe su determinati temi. Dopo il voto di domenica, caratterizzato da un fortissimo astensionismo, è fondamentale dare agli italiani competenze importanti che garantiscano visibilità».

Secondo lei la prossima maggioranza sarà ancora Svp-Pd?

«Io ipotizzo che venga ampliata. La Svp, che ha perso la maggioranza assoluta, ha bisogno di governare con una certa tranquillità».

Chi potrebbe entrare nella nuova giunta?

«I Verdi con i quali la Svp è in sintonia su un tema fondamentale com'è quello dell'autonomia. Non il partito della Klotz che è antiautonomista né i Freiheitlichen che sono “semiautonomisti” e sognano lo stato libero del Sudtirolo».

Come spiega il fatto che 26 mila italiani (35,2%) domenica non siano andati a votare: eccessiva frammentazione dei partiti?

«Le cause sono la disaffezione verso la politica in generale e più che la frammentazione dei partiti, che da sempre caratterizza il mondo italiano, il pofilerare di sigle in tempi molti stretti. L'elettore è rimasto disorientato. Oltre a questo, un profondo senso di frustrazione».

Perché c'è la sensazione sempre più forte di non contare nulla.

«Gli italiani si sentono tagliati fuori dalla gestione dell'autonomia. Si erano illusi che qualcosa potesse cambiare quando, anni fa, hanno votato in massa centrodestra. A Roma, al governo, c'era il centrodestra che aveva nominato come referente per l'Alto Adige Pietro Mitolo, ma non è cambiato nulla».

E per quanto riguarda il voto tedesco?

«La cosa interessante è che l'elettorato ha di fatto sfiduciato la vecchia giunta castigando gli assessori uscenti. C'è voglia di rinnovamento, per questo sono stati premiati i “ribelli” e sono state date 80 mila preferenze a Kompatscher».

L'elettorato tedesco ha premiato in maniera forte soprattutto le destre.

«Le destre hanno raccolto il disagio di una parte del gruppo tedesco che se all'inizio dell'era Durnwalder aveva apprezzato il fatto che il presidente ricevesse il popolo alle sei di mattina nel suo ufficio, poi si è ricreduto. Ha avuto la sensazione che il potere fosse sempre più nelle mani di un circolo chiuso, impermeabile e quindi poco trasparente».

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