Autonomia, l’Alto Adige si autocelebra

Cerimonia per i 70 anni. Il ricordo dell’Accordo di Parigi con i ministri Gentiloni e Kurz, che declina l’invito dei trentini


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Settanta anni dopo l’Accordo di Parigi, celebrare l’autonomia a Castel Firmiano, dove Magnago nel 1957 gridò il suo «los von Trient». No, non è un caso, dice il presidente provinciale Arno Kompatscher, avere scelto per le celebrazioni proprio il castello guidato oggi dall’illuminato Reinhold Messner. Celebrare l’autonomia ricordando ancora una volta che l’Accordo di Parigi tra Degasperi e Gruber venne vissuto nel 1946 dai sudtirolesi come uno strappo e che nel 1957 la sua applicazione era talmente faticosa, che Magnago portò i suoi a Castel Firmiano per scuotere Roma. Quella di ieri è stata una festa, con i ministri degli esteri di Italia e Austria Paolo Gentiloni e Sebastian Kurz che rinnovano il patto, e Kompatscher che dice «ciò che rappresentò una delusione ha portato tanti frutti e ha fatto di noi una autonomia speciale tra le speciali». Castello pieno di autorità, di politici in carica ed ex, ma festa ad inviti (anche per ragioni di spazio), non aperta al pubblico. E c’è anche un po’ di «los von Trient», con la mancata disponibilità di Kurz a partecipare in mattinata alla giornata dell’Autonomia a Trento. Era stato sondato il suo staff e il discorso è stato archiviato. In mattinata sarà Kompatscher a scendere a Trento per seguire la giornata trentina e nel pomeriggio sarà Ugo Rossi a salire a Castel Firmiano. Ma la cornice regionale viene citata poco o nulla nei discorsi ufficiali, mentre la tutela austriaca è il mantra della cerimonia (in vista della riforma costituzionale), e anche il gruppo italiano compare di sfuggita, se non per ricordare, tra gli altri da Kompatscher, che «in questa Europa noi, come terra in cui convivono gruppi diversi, vogliamo dare l’esempio». In «questa» Europa lavorano i due ministri degli Esteri, che nella sala antica di Castel Firmiano guardano al Mediterraneo degli sbarchi e al Brennero della chiusura possibile.

L’attualità brucia. L’Austria non ha ancora applicato misure straordinarie al Brennero, ma potrebbe farlo. Kurz ribadisce la linea: «Tutti vogliamo una Europa senza confini interni. Ed è particolarmente importante per l’Euregio. Ma perché questo sia possibile, dobbiamo lavorare per confini esterni efficaci». Insiste di più Gentiloni: «Se c’è un luogo in cui l’Europa non può rinunciare alla libertà di circolazione, questo è il Brennero, simbolo di una Europa libera e solidale. Non torneremo indietro. Non sottovalutiamo le preoccupazioni tra le popolazioni per i flussi migratori, ma non dobbiamo nemmeno inseguirle». Gentiloni lo ripete anche nelle dichiarazioni finali sul prato del castello: «Non possiamo permettere che la nostra incapacità a gestire i flussi migratori metta in discussione i nostri valori».

La costruzione dell’autonomia. Kompatscher, Kurz e Gentiloni parlano avendo come sfondo una grande fotografia della stretta di mano tra Gruber e Degasperi il 5 settembre del 1946 a Parigi. Partì tutto da lì, con l’accordo che tutelava la minoranza tedesca e ladina, garantiva il bilinguismo e prometteva «potere legislativo ed esecutivo autonomo». Kompatscher cita per due volte l’ex presidente Luis Durnwalder (in sala) e le sue «ancora attualissime» considerazioni sull’importanza di tenere sempre presente il quadro complessivo e non farsi guidare dal «calcolo politico». Questo per dire che fu un accordo sofferto, perché chiuse la possibilità di ritorno all’Austria e con la cornice regionale impedì «l’autodeterminazione interna», ma gli alleati vincitori della guerra non avrebbero concesso spostamenti di confini e il percorso non è ancora finito, di accordo di accordo, anche dopo il 1992 l’autonomia si allarga dice Kompatscher («troveremo anche una soluzione sulla toponomastica») ed è blindata «da un accordo internazionale: non è solo una questione di diritto interno, ma adempimento a un obbligo internazionale». Kurz difende l’accordo parlando del coraggio di accettare i compromessi: «Serviva un risultato accettabile per tutti. Non dobbiamo chiederci solo se fosse possibile qualcosa di più, piuttosto chiederci cosa ha portato quell’accordo. Guardando questa terra, la risposta è palese». Rivolgendosi ad «Arno», Kurz assicura: «Saremo sempre dalla vostra parte». La validità di un accordo, esordisce Gentiloni, «si misura con il passare del tempo». Il ministro cita ricchezza e bellezza dell’Alto Adige e invita ad immaginare l’alternativa: «Quell’inizio, insufficiente, di 70 anni fa è stato il modo per evitare che la realtà di questa terra si trasformasse in un conflitto congelato nel cuore dell’Europa». Vengono proiettati due messaggi video degli ex presidenti Giorgio Napolitano e Heinz Fischer. Il primo parla di «capolavoro storico. L’accordo resta ed è confermato nella attuale riforma costituzionale». Fischer parla della catena tragica iniziata nella prima guerra mondiale: «Le parti sapevano che serviva una soluzione duratura». La destra tedesca tuona contro la celebrazione. Messner siede a fine giornata e si rilassa: «La nostra destra vive sulla bugia storica. Non è vero che si perse l’occasione dell’autodeterminazione. E il nostro peccato resteranno per sempre le opzioni. Scegliemmo di fare parte del terzo Reich, altro che amata Heimat...».

La riforma costituzionale. Il governo preme per avere Bolzano e Trento al proprio fianco nella campagna referendaria. Kompatscher fissa i paletti. Ricorda che la clausola di salvaguardia prevede l’applicazione della nuova Costituzione in Trentino Alto Adige solo dopo la modifica dello Statuto concordata: «Daremo il nostro assenso solo se verranno rispettate tutte le prerogative. Solo così potremo considerare la riforma una opportunità». Vienna vigilerà, dice Kompatscher. Kurz conferma. La riforma rispetta l’autonomia, rivendica Gentiloni, «sta alla vostra capacità elaborare una proposta che si possa inserire».

La visita al Lager. Il cerchio della memoria per Gentiloni si chiude davanti al muro del Lager in via Resia. Lo accolgono il sindaco Renzo Caramaschi (con fazzoletto dell’Anpi) e il presidente dell’associazione Orfeo Donatini.

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