La disavventura

Bacchiega, 7 mesi di lotta per tornare a camminare

Le cure ai tempi del Covid. Il 30 aprile scorso la frattura esposta di tibia e perone, l’operazione e il grande dolore. Ora muove i primi passi e lancia un appello: «Non siate scettici, vaccinatevi»


Paolo Tagliente


BOLZANO. Dalla disperazione più buia alla ripartenza. Dal dolore alla gioia, attraverso un lungo percorso in cui l’umanità delle persone incontrate è stata determinante tanto quanto la loro professionalità. È quello che ha compiuto Ubaldo Bacchiega, già consigliere comunale del Pd e una vita passata nel volontariato a favore delle persone diversamente abili, che per l’ennesima volta ha dimostrato di essere più forte delle avversità a cui la vita lo sottopone.

L’ultima, durissima prova che Ubaldo ha dovuto affrontare è iniziata il 30 aprile scorso. Una bella giornata di primavera in cui Ubaldo esce per svolgere una commissione. «Esco con un’amica, ma insieme a noi, puntuale c’è anche il destino che spesso non perdona ma, che ti invita a riflettere».

Ubaldo siede sulla sua carrozzina, i due amici chiacchierano sereni e imboccano la ciclabile di via Palermo, diretti verso la banca. Ad un certo punto, però, Ubaldo si gira verso la donna per rispondere a una sua domanda. Una distrazione. Una frazione di secondo sufficiente perché il piede destro sbatta violentemente contro un palo. «Sento calare il buio – racconta ora -. Un dolore atroce, la corsa in ospedale e il durissimo referto: frattura pluriframmentaria esposta tibia e perone».

Due sono le opzioni: un gesso per cinque mesi o un’operazione. Ubaldo sceglie la seconda e viene operato dal vice primario di Ortopedia del San Maurizio, Martin Köllensperger, che gli applica un fissatore esterno alla tibia e una placca al perone. Ubaldo è disperato. «Per dieci giorni e dieci notti un dolore indescrivibile - racconta – , ma osservavo sempre medici e infermieri che si prodigavano per me. Di qui la mia gratitudine, ma per cinque mesi ho avuto un black-out mentale pensando che per me fosse finita». Fondamentale la vicinanza e l’aiuto di Carmen, la sorella, della mamma, anche se non può vederla, e di «mio padre che da lassù mi guarda e protegge».

Bacchiega trascorre due mesi alla Casa di cura Bonvicini, altri due mesi alla Residenza per anziani Grieserhof. «Qui per me un impatto durissimo. Vicino a me tanta sofferenza di persone anziane anche gravi, ma operatori come angeli». Dal 20 ottobre, Ubaldo è all’Eremo di Arco, struttura specializzata a livello nazionale nella riabilitazione.

«Arrivo accompagnato da mia sorella su un’ambulanza - racconta – che quando riparte mi produce un dolore lancinante, ma non piango perché con le mie mani non riesco ad asciugarmi le lacrime». Il 5 novembre, arriva la prima bella notizia, dopo mesi: le radiografie evidenziano il pieno consolidamento osseo della tibia. Ubaldo è al settimo cielo. Ma dura poco. Tre giorni più tardi, un banale raffreddore con febbre, costringe Ubaldo al trasferimento in un altro reparto, in isolamento per una settimana.

«Qui angeli che camminano bardati in tute anti Covid insopportabili. Prego per loro e mi dicono che dovrò sottopormi ad una Tac ai polmoni». Tac che dà esito negativo e sabato Ubaldo torna a muovere i primi passi.

«Sento la mia gamba più forte di prima» commenta, felicissimo. «Ho deciso di mettermi a nudo - conclude – per lanciare un appello a tutti coloro che ancora oggi non vogliono vaccinarsi. In questi lunghissimi sei mesi per guarire ho accettato tutte le cure, con fiducia e senza arroganza. Credo che oggi come Umanità siamo difronte ad un bivio:salvare non solo noi stessi, ma il mondo intero che con i nostri comportamenti ed atteggiamenti mentali abbiamo distrutto. Grazie a tutti gli operatori, medici, fisioterapisti che mi hanno guarito».













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