«Bambine di 10 anni adescate in rete»

La testimonianza dello psicologo Giuseppe Maiolo impegnato in progetti di prevenzione nella scuole primarie bolzanine


di Alan Conti


BOLZANO. Far parte di una generazione che non è nata con le tecnologie digitali non vale più come giusitificazione. Per tutelare i propri figli bisogna studiare e non farsi trovare impreparati, altrimenti i rischi che si corrono sono altissimi. Il web, infatti, nasconde tante insidie per i bambini e ad averne testimonianza diretta, ogni giorno, è lo psicologo Giuseppe Maiolo che con il Centro «Il Germoglio» dell’associazione La Strada gira le scuole primarie di tutto il territorio. «Cerchiamo di incontrare quanti più ragazzi possibile e spesso ci raccontano episodi preoccupanti che non hanno mai rivelato ai genitori».

Per esempio?

«Una bimba di dieci anni che ha subito pesanti avances da parte di qualcuno che le ha anche inviato delle immagini piuttosto esplicite. Non ha detto nulla ai suoi genitori perché è convinta che non la possano capire».

È lo stesso meccanismo che si innesca anche con il cyberbullismo?

«Identico. Quando poi viene alla luce rischia di essere troppo tardi».

Come si può evitare questa barriera che la rete è in grado di alzare tra genitori e figli?

«Studiando perché devono essere mamma e papà ad insegnare al bambino come si usano uno smartphone o un tablet. L’atteggiamento di farci aggiustare i dispositivi dai più giovani, per esempio, può sembrare innocuo ma in realtà ha effetti devastanti. I bambini ci leggono una sostanziale ignoranza nell’uso del mezzo e della sua comunicazione. A quel punto per quale motivo dovrebbero raccontare certi episodi se sono convinti che i genitori non siano in grado di comprendere nemmeno la piattaforma da cui arrivano?».

C’è della leggerezza?

«Ci vuole più consapevolezza. Non è possibile che un genitore non sappia cos’è il grooming (adescamento dei minori) mentre un bambino sì. I pedofili, oggi, si trovano lì e non al parco».

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