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Berlusconi: «L’Svp? Più vicina a noi che alla sinistra»

Dall’hotel Palace di Merano l'ex premier lancia la sua sfida per il governo nazionale: centro destra unito per vincere e venti ministri


di Robert Tosin


MERANO. Non sarà più presidente del Milan, ma Silvio Berlusconi non ha perso il vizio di suggerire la formazione. Ieri ha dettato lo schema tattico del suo nuovo governo: venti ministri, 12 della società civile, tre ciascuno a Forza Italia e Lega e due a Fratelli d’Italia.

Rimesso a lucido dalle cure di Henri Chenot, ieri Berlusconi ha salutato tutti prima del rientro in ufficio dimostrandosi carico come non mai e pronto per la nuova stagione politica. «Sì, devo rimettermi al lavoro - ha detto - per uscire dalla situazione italiana di oggi, per liberarci dall’oppressione fiscale, dall’oppressione burocratica, dall’oppressione giudiziaria che abbiamo addosso occorre una vera rivoluzione e quindi mi preparo a presentare agli italiani un programma e dei protagonisti del mondo dell’impresa, delle professioni, della cultura, del lavoro che abbiano dimostrato quello che sanno fare, capaci di realizzare questo programma. E sarà veramente una rivoluzione liberale che considero come assolutamente indispensabile». Ed è subito deja vù: pare proprio il manifesto della sua prima discesa in campo. Stesse motivazioni e stessa grinta, anche se gli anni sono passati.

Non serve quasi nemmeno fargli le domande. Berlusconi ha fretta di mettere le cose in chiaro, di mettere gli alleati di fronte alla necessità di partire subito senza ulteriori schermaglie. Parla di un accordo già fatto con la maggioranza del centro destra su un programma già piuttosto definito, «un centro destra - ha detto - che deve presentarsi unito e pronto a coinvolgere la società civile, le professioni», a cui non a caso riserverebbe dodici posti nel suo ipotetico governo, lasciando otto posti ai politici.

Idee chiare anche sulla gestione del flusso di migranti e richiedenti asilo. «Il nostro programma aveva funzionato, con 6 mila militari schierati e un accordo con la Libia di Gheddafi. E avevamo raggiunto lo scopo. Allora avevamo limitato a 4.000 all’anno gli approdi di profughi, un numero che oggi si raggiunge in un week end. La soluzione? Riprendere quel programma: un accordo con la Libia e con gli altri stati costieri pagato dall’Unione europea. Solo così possiamo limitare gli sbarchi, fermandoli là dove partono».

Berlusconi non si è sottratto ad una battuta anche sulla politica locale, con riferimento specifico all’Svp. «Mi è dispiaciuto, anzi, mi ha addirittura provocato dolore il fatto che non si sia potuto avere un’intesa finora, ma mi auguro proprio che possa esserci un’alleanza tra Svp e centro destra unito anche in Alto Adige. In fondo i nostri programmi e quelli della Svp sono molto vicini».

Poche battute, ma decisamente chiare quelle rilasciate da Silvio Berlusconi nella hall dell’Hotel Palace proprio mentre stava lasciando Merano. Poco meno di una settimana (era arrivato venerdì scorso) per sottoporsi alle cure di Henri Chenot, il “mago” che rimette in sesto campioni dello sport e vip prima dell’inizio delle rispettive stagioni professionali. Così è stato anche per Berlusconi che è venuto a ritemprarsi proprio in vista di una stagione politica che si preannuncia complessa e intensa. «Mi sono trovato davvero bene. Per me qui era la prima volta, ma devo dire che ho trovato grandissima professionalità nel personale dell’hotel e un clima davvero piacevole. È stato tutto perfetto. Poi ho avuto anche l’occasione di uscire due volte, una “pubblicamente”, la seconda in modo più segreto, e ho potuto apprezzare anche la città. Ci ritornerò senz’altro molto presto». Probabilmente già nel corso di questo mese, anche per un appuntamento con il dentista Frediani da cui ha fatto tappa ieri.

A Merano (ma d’altra parte è un imperativo inderogabile dell’hotel Palace), Berlusconi ha goduto della massima privacy. La discrezione è stata la parte più apprezzata, ma pare di capire che abbia gradito anche i suggerimenti salutari di Chenot: «È stato tutto perfetto» ha detto poco prima di salire in macchina per lasciare la città.













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