Berlusconi: «Sì, è vero Cerco casa a Merano»

L’ex premier: «I gruppi italiano e tedesco? Basta con le barriere reciproche» Nuovo appello alla Svp: «I motivi di incomprensione appartengono al passato»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Silvio Berlusconi è partito ieri da Merano, ma tornerà a breve. Per la «remise en forme» e per il colpo di fulmine con la città. Tanto che conferma, «ho una mezza tentazione di comprare casa da queste parti».

Abbiamo rivolto al presidente di Forza Italia alcune domande, cui ha risposto durante il soggiorno all’hotel Palace.

Ci racconta il suo rapporto con l’Alto Adige e le montagne? Le frequenta? Sembra più un tipo da mare...

«Amo la natura in tutte le sue espressioni, mare e montagna, e quindi non posso che amare l’Alto Adige, che costituisce una delle massime espressioni in Europa e nel mondo della bellezza e della maestà della natura. Questa è altresì una terra di grande civiltà e di grande fascino, che nasce proprio dal suo tradizionale ruolo di luogo di incontro fra culture, storie, tradizioni diverse. E oggi dal confine con il Trentino fino al mare del nord esiste una grande area linguistica tedesca, sovranazionale, senza confini e senza barriere, e al tempo stesso una presenza viva e importante di altre componenti come quella italiana e quella ladina, che fanno dell’Alto Adige un perfetto esempio della storica Mitteleuropa: un luogo nel quale storie e identità diverse dovrebbero convivere senza mai contrapporsi, arricchendosi l’una dell’altra. Questo è un modello di società aperta che da liberale mi piacerebbe moltissimo».

Vi tornerà spesso?

«Purtroppo ho poco tempo per le vacanze e quindi non vengo spesso nella vostra terra. Ma ho ricordi indelebili dell’affetto della gente di Bolzano e dell’Alto Adige, anche in occasione di manifestazioni politiche sempre molto affollate. E devo ammettere di avere confidato alla nostra deputata di Bolzano, Michaela Biancofiore, una mezza tentazione di comprare una casa da queste parti».

Gli elettori di centrodestra in Alto Adige si aspettavano di più dai governi Berlusconi in termini di tutela del gruppo italiano: con il senno di poi, cosa sarebbe stato possibile fare?

«Tutelare gli interessi della componente italiana è doveroso, in quanto cittadini: non possono esistere altoatesini di serie A e altri di serie B, né per ragioni linguistiche, né per nessun altro motivo. Proprio per questo siamo contrari, e quando governavamo le abbiamo impedite, a tutte le scelte che andavano verso la separazione o la discriminazione. Penso per esempio alla questione della toponomastica. Io non credo però che la parola “tutela del gruppo italiano” sia adatta a definire i compiti di un governo. Il mio governo aveva il dovere di tutelare, e lo ha fatto, i diritti di tutti i cittadini dell’Alto Adige, qualunque fosse la loro lingua e la loro cultura. Non credo neppure che dobbiamo commettere anche noi l’errore che spesso viene rimproverato alla Svp: fare gli interessi di una parte dei cittadini a discapito di altri, erigere delle barriere, alimentare le contrapposizioni. Devo quindi respingere quest’osservazione: negli anni dei miei governi i cittadini dell’Alto Adige, tutti, sono stati tutelati nei loro diritti di cittadinanza, e favoriti da leggi e provvedimenti che, come in tutta Italia, hanno mantenuto bassa la pressione fiscale, hanno contrastato efficacemente la criminalità organizzata e l’immigrazione clandestina, hanno cambiato in meglio la vita della gente. Pochi se lo ricordano, ma abbiamo restituito un anno di vita ai ragazzi abolendo il servizio di leva obbligatorio, abbiamo salvato moltissime vite con la patente a punti e il nuovo codice della strada, abbiamo tutelato la salute degli italiani con divieti di fumo che hanno rapidamente cambiato il costume nazionale. Di tutte queste e di mille altre cose hanno beneficiato tutti, in ogni gruppo linguistico. Questo era il dovere del governo, e lo abbiamo realizzato, senza consentire discriminazioni ai danni di nessuno, tantomeno degli italiani».

Cosa ci dice dei rapporti con la Svp?

«La Svp fa parte del Partito popolare europeo, la grande famiglia dei moderati, basata sui valori cristiani e sulle idee liberali, che noi rappresentiamo orgogliosamente in Italia. E’ la più grande famiglia politica europea, l’alternativa ovunque vincente alla sinistra. Per questo ho sempre pensato alla Svp come a un naturale alleato e non come ad un avversario, e per questo faccio fatica a comprendere come un partito con quelle caratteristiche possa allearsi con la sinistra, che è portatrice di valori e di una visione assolutamente opposte. La Svp d’altronde è un partito interclassista, post-ideologico, con il quale abbiamo molte affinità sui contenuti. Certo, ha come suo compito quello di tutelare la componente tedesca dell’Alto Adige, e a questo subordina ogni sua scelta. Lo capisco ma non lo condivido. Le ragioni storiche delle incomprensioni con alcune forze del centro-destra appartengono a un passato ormai lontano».

Lombardia e Veneto voteranno in ottobre il referendum per avere più autonomia: cosa ne pensa? L'autonomia speciale del Trentino Alto Adige è un modello che potrà funzionare anche in futuro?

«Forza Italia sostiene i referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto, ed anzi si augura che questo modello possa essere esteso ad altre regioni italiane. Il modello del Trentino Alto Adige fin qui ha funzionato molto bene, pur valendosi di trasferimenti molto alti da parte dello Stato. Se Lombardia e Veneto acquisiranno maggiore autonomia, specialmente in materia fiscale, diventeranno più concorrenziali. Credo che la specificità della vostra regione potrà essere meglio tutelata, se i diversi gruppi linguistici rinunceranno a sterili contrapposizioni e barriere reciproche, per fare squadra realizzando un modello di società aperta che si arricchisce del confronto fra identità diverse».

Parliamo del concetto della memoria in un Paese che in un baleno, distrutto il veloce mito della rottamazione, sembra tornato a Berlusconi, ma anche a Prodi ?

«Con tutto il rispetto per il professor Prodi, che stimo, non credo che possa esistere un paragone fra lui e me. Io sono entrato in politica per cambiarla, ed ho ottenuto per questo il consenso di milioni di italiani ad ogni tornata elettorale, più di 200 milioni in totale dal 1994 ad oggi. Grazie a questo consenso, ho creato un movimento politico come Forza Italia ed una coalizione in grado di governare il paese, portando nelle istituzioni persone e idee del tutto nuove, rivoluzionarie. Prodi invece è stato il garante, il punto di equilibrio, degli accordi fra forze politiche delle quali non è mai stato il leader. Ha offerto un volto rassicurante e tecnocratico alla vecchia politica basata sull’incontro fra cattolici di sinistra e comunisti, insomma alla logica del compromesso storico già fallito negli anni ’70. La stessa – lo aggiungo per inciso – nella quale è cresciuto Renzi. Il fatto che, nonostante i propositi di rottamazione, la sinistra giri ancora intorno a questi volti, ma soprattutto a queste idee, la dice lunga sul fallimento del Pd».

Il populismo e la politica: il suo obiettivo è porre un argine come centrodestra o immagina forse un progetto più largo che veda anche Renzi?

«Renzi è il leader della forza politica alla quale ci contrapponiamo da vent’anni. Rappresentiamo culture, visioni, progetti, stili di governo diversi e alternativi. Io sono convinto, e tutti i sondaggi mi confortano, che il centro-destra sia destinato a vincere, e mi batto per questo, senza immaginare accordi con nessuno, al di fuori della nostra coalizione».

Con Grillo è possibile costruire qualcosa?

«Naturalmente no. I grillini riscuotono un consenso notevole perché gli elettori sono comprensibilmente e legittimamente disgustati dalla politica e dai suoi protagonisti. Tuttavia non posso neppure immaginare un paese come l’Italia governato da loro: fra le loro idee c’è la patrimoniale, una tassazione altissima sulla casa, l’imposta di successione al 50%. Sarebbe il crollo definitivo della nostra economia che già non naviga in condizioni facili. Io credo che informando gli elettori di tutto questo la gran parte di chi li ha votati cambierà idea. Però bisogna spiegare anche un’altra cosa: i grillini fanno gli antisistema, ma sono i veri professionisti della politica, nel senso che tutti loro vivono dell’indennità politica, quasi nessuno prima aveva un mestiere, e quindi, sono disposti a qualunque cosa pur di non essere rimandati a casa. Per questo si adeguano prontamente anche alle più strane e contradditorie indicazioni di Grillo e Casaleggio. Ma gli elettori italiani sono più saggi di quanto talvolta si immagina. Sono certo che lo capiranno».

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