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Bolzano, cartelli monolingui in tedescoPd e Pdl: "Si deve tornare alla legalità"

Reazione unanime dei partiti italiani all'inchiesta della procura di Bolzano che ha accertato l'irregolarità del 75 per cento dei cartelli perché sono scritti solo in tedesco
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Gianfranco Piccoli


BOLZANO. Se violazione c’è stata, va ripristinata la legalità. Tante voci, un’unica richiesta che arriva dai partiti italiani. Che poi, nel merito della questione toponomastica, mantengono visioni anche profondamente diverse. «All’interno del partito non ne abbiamo ancora discusso, ma la legge va rispettata: se l’Alpenverein ha sbagliato, si facciano rispettare le norme», ha detto Antonio Frena, segretario provinciale del Pd.
 «Nazionalismi a parte - entra poi nel merito Frena - i nomi che non sono entrati nell’uso comune a mio parere non vanno tradotti. Al contrario, se un toponimo è riconosciuto da tutti, va mantenuto. E’ accaduto anche nelle valli ladine: Ortisei, ad esempio, è stata arbitrariamente tradotta in tedesco St.Urlich: nessuno, oggi, penserebbe di cancellare quel nome. La questione - conclude - non può essere affrontata dal punto di vista etnico, ma con il buon senso».
 Il Pdl è sul piede di guerra e si dice pronto ad usare l’arma dell’ostruzionismo (salvo sulle questioni di carattere generale) se non «verrà ripristinata la legalità sui sentieri altoatesini», ha tuonato il capogruppo Alessandro Urzì.
 «Rimanere a guardare con atteggiamento distaccato sarebbe l’errore più grave in questa delicatissima fase politica, decisiva per le sorti dell’intera toponomastica. Le prime conclusioni cui è giunta l’autorità giudiziaria impone la più ferma e civile reazione delle forze sociali, culturali e politiche altoatesine e nazionali - commenta Urzì - il Gruppo del Pdl pone la questione del ripristino della legalità come una questione di civiltà e di rispetto reciproco dei caratteri identitari dei diversi gruppi linguistici. La forzatura cui si è assistito in questi ultimi anni suscita un moto di sdegno». «Spiace - conclude Alessandro Urzì - che in questo frangente l’atto d’accusa verso la Provincia abbia sostanzialmente lasciato indifferente la componente di lingua italiana in giunta provinciale».
 Per Christian Tommasini l’inchiesta della Procura è destinata a lasciare il segno anche nell’aula consiliare: «Il dibattito politico non potrà non tener conto dei risultati dell’indagine - ha detto l’assessore provinciale all’istruzione - se la Procura valuterà che c’è stata una violazione delle norme, avremo uno strumento per valutare ciò che deve o non deve essere bilingue». La partita sulla toponomastica, però, resta aperta: «Noi non siamo per la distinzione tra macro e micro toponomastica - prosegue Tommasini - ma ciò che è ad uso pubblico o privato. Tradurre il nome di un maso, lo abbiamo sempre detto, è un errore. Ma questo non significa che la microtoponomastica non possa essere ad uso pubblico: la vera sfida è proprio fare la distinzione». Con i colleghi di maggioranza della Svp, un accordo non è ancora stato trovato: «La proposta della Stella Alpina è restrittiva, noi abbiamo idee diverse», conclude l’assessore. Anche Riccardo Dello Sbarba, consigliere provinciale dei Verdi, invoca il rispetto della legge: «La giunta provinciale deve convocare un tavolo di lavoro, con le associazione alpine, e fare un piano di ripristino della legalità e del bilinguismo. La segnaletica ha una funzione pubblica e in quanto tale deve rispettare le norme in materia». (g.f.p.)













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