la storia

Bolzano: incontrare la Pausini. Il sogno della piccola Elena, ricoverata al San Maurizio, che vive di musica

La vita della bambina di 11 anni è stata sconvolta dal tumore. Vive solo grazie al respiratore e le canzoni la accompagnano


di Daniele Peretti


BOLZANO. La vita di Elena sta tutta nel palmo di una mano che simbolicamente rappresenta anche la determinazione con la quale resta aggrappata ad un'esistenza che sembra voler volare via.

Elena ha 11 anni ed è costretta a vivere in una stanza del San Maurizio attaccata ad una macchina che la mantiene in vita: un respiratore indispensabile per i suoi polmoni. Vorrebbe parlare, ma non può ed allora muove la bocca e gli occhi.

Una radionecrosi la sta lentamente spegnendo. La zia e i genitori raccontano che una delle poche cose che la animano e la aiutano a lottare sono le canzoni di Laura Pausini e Giorgia. Adesso la famiglia, tramite la zia Francesca, lancia un appello alle due cantanti: «Sarebbe bellissimo e importantissimo per Elena poterle incontrare, ricevere una loro visita. Le canzoni le danno una forza incredibile e vorremmo farle un grande regalo».

Elena sta lottando e può salvarla solo un miracolo o quella capacità di rigenerarsi propria solo dei bambini e lei ci sta provando. Un incontro con le “amiche” che le tengono sempre compagnia con le loro canzoni sarebbe importante.

Elena è perfettamente cosciente, legge molto ed è supportata dai genitori, ma anche dalle maestre che sono sempre andate a trovarla in tutte le tappe di questa brutta avventura: Firenze, Verona, Milano ed adesso Bolzano. Al suo fianco i genitori. Elena ricambia tanta attenzione con un sorriso. Tutto comincia il 24 aprile del 2014 a poco più di un mese dal suo compleanno quando si manifestano i primi sintomi della malattia: cefalea, nausea, vomito, calo di peso. La diagnosi parla di lesione espansiva nella fossa cranica superiore e da quel momento inizia una sequenza pesante: «Tradotto vuol dire tumore al cervelletto che costringe Elena ad un intervento d'urgenza al Meyer di Firenze. L'intervento riesce, ma il primo effetto è quello di una diplopia (vista doppia) e contemporaneamente inizia il primo dei quattro cicli di chemioterapia, seguiti da più di 40 sessioni di radioterapia. In coincidenza dei due cicli ad alte dose, il trapianto delle cellule staminali. Il 31 gennaio la ragazzina torna a casa e sembra che il peggio sia passato». Interrompiamo il racconto tutto di un fiato dalla zia Francesca per dire che oggi Elena la battaglia col tumore l'ha vinta, ma a caro prezzo e la sua famiglia vorrebbe conoscere le condizioni di salute di altri bambini sottoposti al “Protocollo di Hart” che ufficialmente guarisce il 60% degli ammalati, ma con dei pesanti effetti collaterali. «A quel punto è iniziato un altro periodo nero nel quale Elena respirava e camminava a fatica. La diagnosi che ci hanno fatto è stata prima quella di sopravvenute complicanze all'autotrapianto delle cellule staminali, e poi danni da radioterapia». Elena viene ricoverata a Verona, sta sempre peggio: «Dopo tre giorni, deve essere intubata, poi sottoposta a dialisi per problemi ai reni ed è costantemente sedata. A quel punto si rende necessario il trasferimento al Policlinico Maggiore di Milano; i sedativi vengono sospesi ed Elena si sveglia, ma non si muove più. Le tolgono il tubo per la respirazione e praticata una tracheotomia quando sembrava che ci potesse essere un miglioramento, la giovane paziente si ammala di “polmonite ospedaliera”, dalla quale guarisce. Purtroppo gli accertamenti portano ad una sentenza impossibile da accettare: polineuropatia diffusa e l'incapacità di una respirazione autonoma».













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