la storia

Bolzano: Luca, angelo custode dei senzatetto a soli diciotto anni

L'impegno dopo la morte della clochard di ponte Talvera. «Le hanno tolto subito il letto, per dimenticare in fretta»


di Irene Cocco


BOLZANO. Luca De Marchi, volontario per passione, è il più giovane in assoluto in forza alla onlus Volontarius. Potremo definirlo l’angelo dei senzatetto. Un ragazzo di soli 18 anni, viso pulito e sguardo limpido. Si è diplomato al liceo Carducci ed è proprio sui banchi di scuola che ha scoperto la vocazione ad aiutare chi soffre.

Come è nata l'idea di fare volontariato?

«Da sempre volevo fare il volontario ma per via della minore età non ho potuto impegnarmi in prima linea fino al compimento del diciottesimo anno. Non ero ancora maggiorenne quando la Volontarius ha portato nella mia classe, allora era la quarta C, un progetto che prevedeva per ogni studente di passare una serata a distribuire il cibo al parco della Stazione. Io ero in Germania perché frequentavo un trimestre all'estero e quando sono tornato i miei compagni mi hanno descritto questa esperienza come straordinaria. Tanti hanno usato la frase “mi ha cambiato la vita” e mi sono ripromesso che, appena possibile, avrei dedicato del tempo al prossimo. Non sono l'unico nella mia classe ad aver fatto questa scelta».

Eppure c’è che i giovani d’oggi siano propensi a scansare certi impegni...

«Sbaglia di grosso chi dice che non abbiamo passioni o pensiamo solo a divertirci o a bere. Sappiamo anche prenderci sul serio e abbiamo a cuore il prossimo. Dal maggio scorso dedico, come altri, dalle 2 alle 3 sere alla settimana a distribuire viveri al parco della Stazione e a parlare con chi è solo».

Cosa hai imparato da questa esperienza?

«Fare il volontario è dura. Sono esperienze che ti sbattono in faccia una realtà che a volte non vorresti vedere. Il volontariato ti fa capire quanto le cose siano complicate, quanti pregiudizi abbiamo, quanto ristretta sia la nostra visione del mondo»

Ritiene che la città dovrebbe o potrebbe fare di più per aiutare chi si trova in difficoltà?

«Non vedo la città come un’entità astratta ma come un insieme di cittadini. Ognuno nel suo piccolo potrebbe fare davvero tanto. Penso al cibo che buttiamo o al (poco) aiuto per chi soffre».

C’è qualche evento in particolare che l’ha colpita?

«Sì, l’incontro con Elisabeth, la clochard che viveva sotto ponte Talvera. Dopo la sua morte il letto è stato tolto subito quasi a voler dimenticare in fretta, a voler nascondere la vergogna. Eppure per dieci anni ha dormito accanto ad una delle piste ciclabili più frequentate dai bolzanini ».

Come vede il suo futuro?

«Vorrei iscrivermi alla facoltà di Lettere a Trento ma non ho fatto in tempo a sostenere l'esame di ammissione così quest'anno farò un anno di servizio civile alla Volontarius».

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