Bolzano, Mediaworld ha fiducia: il Tar non ci chiuderà

Dipendenti e clienti: c'è la crisi, non si possono mandare a casa 50 persone


Davide Pasquali


BOLZANO. «In questo periodo di crisi economica i giudici del Tar difficilmente avranno il coraggio di sospendere l'attività di Mediaworld al Twenty. Si tratta di 50 dipendenti, 65 con l'indotto diretto». Lo dichiarano i dipendenti, sottoscrivono in pieno le migliaia di clienti presenti all'apertura domenicale. Domani si terrà l'udienza decisiva presso il tribunale di giustizia amministrativa: il concorrente diretto di Mediaworld, Trony, causa un crollo delle vendite attorno al 40% certificato da una perizia di parte, ha deciso di impugnare le autorizzazioni concesse dal Comune e dalla Provincia per la vendita al minuto in zona produttiva. Contrariamente all'altro ricorso, presentato dall'Unione commercio, Trony è andata oltre: non si domanda esclusivamente l'annullamento delle autorizzazioni, bensì è stata avanzata anche una richiesta di sospensiva. Qualora i giudici ritenessero di doverla accogliere, arriverebbe la sospensione delle licenze rilasciate prima ai Podini, poi a Mediamarket, ergo la chiusura sine die dell'esercizio commerciale, aperto soltanto tre mesi or sono. Al di là della complessa vicenda giudiziario-amministrativa e della quale si occuperanno ovviamente i giudici, può risultare utile far luce su cosa pensino il bolzanino medio e il personale di Mediaworld sulla possibile chiusura. Per saperlo è sufficiente recarsi alle casse del negozio. L'esito di decine di interviste è unanime: tutti i clienti e tutto il personale escludono la possibilità di una chiusura, per due motivi. Primo: la clientela è soddisfatta dell'apertura e anzi chiede l'ampliamento del Twenty. Secondo: c'è la crisi e mandare a casa dei lavoratori apparirebbe immorale. Iniziano Michele Moriello e Gianni Pegoraro, clienti: «Ci rendiamo conto che gli altri concorrenti soffrono, ma una soluzione c'è: assorbire al Twenty eventuali esuberi di personale altrove. È inutile negarlo: qui c'è scelta, prezzi bassi, servizio pronto, possibilità di toccare e provare. Altrove se la scordano. Qui viene mezzo Alto Adige: migliaia di persone ogni domenica». «Qui ci sembra di essere in Italia», scherzano Susanna Romani e Andrea De Cassan. «Dove i centri commerciali sono un'ovvietà. Basta con questi ricorsi. Qui vengono con piacere tantissime persone ogni domenica, e sono tutti elettori. Gli amministratori pubblici, espressione di questa cittadinanza, hanno concesso le licenze. Adesso perché mai si dovrebbe far marcia indietro? Piuttosto si ingrandisca, si ampli ad altri marchi: Ikea, Zara, H&M, Decathlon. Qui manca un po' di abbigliamento e qualche ristorante». Massimiliano Manias Manca, direttore del punto vendita, non nasconde la preoccupazione per martedì, anche se si dice sereno. «Abbiamo tutte le autorizzazioni in regola, come politica aziendale rispettiamo tutte le prescrizioni imposte, in ogni zona d'Italia, Alto Adige compreso». Il personale, però, è preoccupato. «Attualmente al punto vendita lavorano 50 persone, 65 con l'indotto. Categorie protette, persone che erano in mobilità, compresi alcuni cinquantenni che altrove non avrebbero mai trovato lavoro. Il punto vendita va benissimo: migliaia di persone ogni fine settimana. I più ritornano, chiedono di essere serviti da tizio e da caio: un indice di notevole soddisfazione». A regime, chiosa Antonio Taddio, dipendente di Ska Sikura e addetto security all'ingresso, «il Twenty avrà 350 dipendenti, circa 500 con l'indotto: pulizie, sicurezza, manutenzione, trasporti. Non avranno il coraggio di lasciarli a casa!».

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