BOLZANO

Bolzano, parla il papà di Mattia Fiori: «La legge ci lascia soli a impazzire di dolore»

La testimonianza: «Non avrei mai tolto la vita a mio figlio ma non condanno chi fa il contrario per un atto d’amore»


di Valeria Frangipane


BOLZANO. «Per giudicare bisogna esserci passati. Altrimenti meglio tacere. Per rispetto. L’unico che alla fine ci ha dato una mano per alleviare le sofferenze irraccontabili di Mattia è stato Massimo Bernardo, il responsabile della Cure palliative del San Maurizio».

Renato Fiori tre anni fa ha perso un figlio - Mattia - rimasto sette anni in coma vigile al lungodegenti di Firmian per colpa di un farmaco a cui era allergico.

E Renato ogni volta che un ragazzo costretto a letto per anni dalla malattia o da un incidente - chiede di morire - torna a rivivere il suo dolore, capisce e non giudica e spiega che in Italia manca una legge.

«Perché - dice - bisogna averle davanti agli occhi tutti i giorni queste vite interrotte per capire. Adesso non si parla d’altro... dj Fabo andato a morire in Svizzera, tetraplegico, cieco, cosa volete che vi dica... lo capisco. Mio figlio Mattia probabilmente avrebbe fatto la stessa scelta se solo avesse potuto. Per piacere mettetevi una mano sul cuore e ditemi quanti ragazzi vorrebbero campare così. E poi Eluana Englaro, Welby si parla di loro, tutti casi che hanno fatto più rumore degli altri, ma ci sono centinaia di famiglie che vivono ogni giorno lo stesso dramma nostro. Aiutiamole».

Mattia Fiori è rimasto nel letto, immobile, per anni. «E soffriva, aveva dolori fortissimi, lo sentiva, lo dimostrava come poteva. Questi pazienti non stanno solo fermi nel letto hanno anche dolori. Ma la legge non c’era. Noi siamo sempre stati soli, ci siamo sentiti abbandonati da tutti anche dallo Stato. Hai tuo figlio lì e devi decidere per lui e diventi anche egoista perché se in certi momenti tutti noi avremmo voluto che il suo calvario finisse lì poi, negli anni, ci siamo abituati a quella condizione ed eravamo felici perché nonostante tutto lui era vivo, prigioniero di una condizione che gli veniva imposta, ma vivo.

Cercate di capire cosa vi sto dicendo, serve una legge sul testamento biologico perché un essere umano possa decidere in piena libertà di se stesso quando non potrà più farlo, io l’ho vissuto sulla pelle di mio figlio». E sottoscrivere un testamento di questo tipo significa decidere, in un momento in cui si è ancora capaci di intendere e volere, quali trattamenti sanitari si intenderanno accettare o rifiutare nel momento in cui subentrerà l'incapacità di farlo.

«Le ultime settimane di vita sono state durissime, una pena guardarlo, assisterlo. E per fortuna Massimo Bernardo l’ha capito e gli ha tolto il dolore. Lo ringrazio ancora oggi per quello che ha fatto. Grazie. Chiedete a mia figlia Francesca cosa abbiamo passato». Eccola Francesca. «Mattia era in coma vigile - racconta - in sette anni ha dato pochi segnali ma quei pochi ci hanno tolto il sonno, era come se ci chiedesse aiuto con gli occhi. Aiuto che non gli potevamo dare anche perché non esiste una legge.

Sapete cosa vi dico? Che non avremmo mai potuto togliere la vita a Mattia - sempre che quella fosse vita - ma non potremmo mai giudicare chi facesse la scelta contraria perché si tratta - in definitiva - di un estremo atto d’amore. Se vuoi un bene infinito ad una persona e non la vuoi veder soffrire tenti di liberarla dal dolore fisico e psicologico che si fa inaccettabile. Oggi rimaniamo noi, testimoni di questi strazi, a parlare e dare voce a tutti quei malati che non ce l’hanno. E non vorrei che domani scendesse un altro velo di silenzio.

Passata la notizia che fa scalpore, che turba, che scuote gli animi e impressiona, tutto tace. Ma i malati, i nostri cari, restano lì a chiederci una mano e sono senza voce. Che il Parlamento si degni di dare risposte dignitose e civili a chi le chiede disperatamente ma non lo può fare. Siamo in ritardo, tanto, troppo in ritardo. Io non ce la facevo più a vedere mio fratello ridotto così, avrei voluto liberarlo da una lato, ma dall’altra avrei avuto il terrore di perderlo». Se solo Mattia avesse potuto decidere - in vita - con un testamento biologico cosa fare di se stesso. «Parliamo sempre di rispetto della libertà, del libero arbitrio. Dove sono?».













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