Bolzano piange Magosso La città nei suoi scatti

Una vita dedicata alla fotografia e all’attività del centro culturale Don Bosco


di Alan Conti


BOLZANO. A febbraio era stato scelto come giurato del concorso “Scatti d'amore” perché il suo amore per gli scatti era un qualcosa di talmente intenso da pretendere la purezza assoluta. Emo Magosso, 68 anni, scomparso domenica dopo una breve malattia, prima ancora che presidente del centro culturale “Don Bosco” e colonna della parrocchia, era un innamorato della fotografia e del suo quartiere. Lo ha raccontato e lo ha vissuto: dal verde dei giardini delle Semiruali ai cortili dei condomini che solleticano il cielo come le villette non si sarebbero mai immaginate. Un suo album dedicato al rione Dux mangiato dalla polvere della demolizione si intitola “La città che muore”: si accorse subito di una porzione di una città che se ne andava per sempre. Sciangai lo ha amato come ha fatto con tutti quelli che non l'hanno mai abbandonata. Anche se adesso si chiama Don Bosco e ha una conformazione molto più variegata.

C'è una frase di Magosso che ne restituisce la caratura umana: «Non ho mai fatto un servizio su commissione perché per me la fotografia è assoluta libertà di interpretare la realtà raccontando quello che vedo con i miei occhi». È la misura di una vita guidata dalla passione da rovesciare nell'arte e nello spendersi per gli altri senza chiedere in cambio nulla più della moneta della soddisfazione. Personale e di comunità. Si legge così il suo impegno da volontario come presidente del centro culturale “Don Bosco” all'interno del Centro Syn della parrocchia. Nella struttura trova posto la sua creatura più amata: il Fotoclub. Tempio della fotografia per lui che, ispirato alla classe di Jack Alberti e autodidatta puro, ha cresciuto decine di talenti bolzanini. Il colpo di fulmine con la macchina fotografica è una storia nella storia: merito di un corso per corrispondenza del 1962. Poi ancora quella passione per la mostra dei presepi natalizi o la rassegna degli hobby a primavera. Lascia una scia di malinconia la nostalgica coincidenza della scomparsa di Emo proprio durante l’esposizione delle Natività che ha sempre curato con grande affetto. Un fiore all’occhiello di un’instancabile attività.

Senza dimenticare il lavoro vero e proprio:17 anni come refrattista alla Montecatini, 15 come addetto alle spedizioni. Dal 2003 in pensione grazie alla legge sull'amianto. Sempre supportato dalla moglie Ofelia e dall'amore delle figlie Sabrina e Milena trasferitesi negli anni a Torino e Sangemini. Luoghi che ha imparato a conoscere e, naturalmente, ritrarre su pellicola.

Sono un rione e una città a piangere un uomo con una mano sempre aperta per chi ha dimostrato di sapersi rimboccare le maniche.

«Sembra impossibile – abbassa gli occhi don Gianpaolo Zuliani, parroco di Don Bosco – che in tre settimane se ne sia andato. Era sempre bello incrociarlo nel sagrato o ascoltare le sue idee. Una fucina di proposte e un occhio attento sulla realtà. Avevamo un rapporto come quello tra Peppone e don Camillo, mancherà moltissimo a me e alla comunità». Ad affiancare costantemente Magosso nelle sue iniziative in parrocchia c'è sempre stato Walther Hoerwarter presidente del Centro Anzani di Don Bosco. «Lavoravamo insieme da 40 anni, con una visione comune e una precisa mentalità. Certo, qualche discussione c'è stata ma abbiamo sempre cercato di valorizzare tutto quello che abbiamo avuto la fortuna di costruire o avere vicino. Vale sia per le cose sia per le persone. I primi anni, quando ci occupavamo di teatro, riutilizzavamo tutti i materiali delle scenografie: addirittura raddrizzavamo i chiodi. Sembrano dettagli, ma sono parte di un concetto importante: tutto è prezioso e non va scartato». Magosso era un occhio sulla Bolzano di oggi e un archivio della Bolzano di una volta: fotografico, ma anche di memoria. Non a caso i grandi storici lo cercavano, così come i giornalisti. «Collaborò molto ai progetti legati alla Giornata della Memoria – le parole di Francesca Lazzaro impegnata con diversi compiti nella parrocchia – instaurando un bel rapporto con Hannes Obermair. Si spese tanto, inoltre, per non perdere le tracce del vecchio rione Dux, il fascino delle Semirurali». Il sindaco Spagnolli, intanto, ha dedicato un sentito tweet alla memoria di Magosso: «Bolzano ha perso un riferimento importante». Stesso pensiero per il dipartimento provinciale alla cultura italiana. I funerali si terranno domani alle 10.30, ma già stasera alle 20 ci sarà il rosario in ricordo. Parrocchia Don Bosco, naturalmente.

Pochi anni fa Emo festeggiò i cinquant'anni di passione fotografica con un'esposizione dei suoi migliori scatti: natura, città, attimi d'emozione e coriandoli di storia. Un viaggio vero e proprio con tappe differenti. Un fotografo al passo con i tempi che ammetteva senza particolari nostalgie la voglia di abbracciare le nuove tecnologie. «Il digitale ha tutto e ti fa risparmiare tempo. La post produzione permette di lavorare meglio in bianco e nero». Poi, in un'intervista, l'ammissione di un sogno impossibile: «La fotografia astronomica. Tanto affascinante quanto lontana e complicata». Da lassù, un po' più vicino, di sicuro ci tenterà con il sorriso.













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