Bolzano, ruba un milione e il Fiscogli chiede le tasse sul bottino

Ex contavalute condannato per il furto nella ditta in cui lavorava ora è accusato di evasione fiscale per non aver dichiarato come reddito i 600 mila euro di refurtiva mai restituiti



BOLZANO. Condannato per il furto di un milione di euro dalla cassa di un istituto di vigilanza, ora è accusato di evasione fiscale per non aver pagato le tasse sul bottino, chieste dall'Agenzia delle Entrate, visto che parte di quei soldi  (circa 600 mila euro) non sono mai stati restituiti.

A Bolzano va in scena il primo processo penale in Italia per omessa denuncia all’erario dei proventi di un furto per il quale lo stesso contribuente infedele è stato riconosciuto responsabile e condannato con sentenza definitiva. Per Antonio Perrone, ex contavalute della ditta altoatesina Tfa (Trasporti fiduciari atesini), i guai non finiscono più. Il processo è stato fissato per il 18 maggio prossimo.

Antonio Perrone, riconosciuto come l'autore del furto da capogiro compiuto alla Tfa la sera dell’11 agosto 2004, è stato condannato con sentenza definitiva a quattro anni e mezzo di reclusione (di cui tre anni condonati). Da circa un mese, dopo un periodo di detenzione trascorso in carcere, Perrone è stato ammesso al beneficio della semilibertà.

Ora però questa nuova «tegola» giudiziaria rischia di complicargli notevolmente la vita. E’ infatti accusato della mancata segnalazione al fisco di circa 600 mila euro, cioè di quanto gli sarebbe rimasto in tasca (secondo la sentenza di condanna che sta scontando) tra la somma complessivamente rubata alla Tfa (1 milione e 247 mila euro) ed il denaro restituito al momento dell’arresto (che in parte era stato nascosto nel materasso del letto dell’imputato).

Per la mancata segnalazione al fisco di un introito così rilevante si rischiano sino a tre anni di reclusione, tanto più se si è pregiudicati.

L’intera questione è già stata oggetto di un pronunciamento della commissione tributaria davanti alla quale lo stesso Antonio Perrone aveva impugnato l’ingiunzione dell’Agenzia delle Entrate. La difesa dell’ex contavalute contesta infatti che nel 2005 (anno della mancata segnalazione al fisco dell’importo) vi fosse certezza sulla normativa in vigore in materia. Tanto è vero (sostiene l’avvocato difensore Giancarlo Massari) che l’anno successivo l’allora ministro Pierluigi Bersani sentì la necessità di una norma interpretativa ad hoc che chiarisse una volta per tutte l’intricata questione.

Non solo. L’avvocato difensore sostiene anche che la somma non segnalata al fisco da Antonio Perrone non possa essere considerata «reddito acquisito» in quanto sono pur sempre in corso azioni di rivalsa in sede civile da parte della compagnia assicuratrice della Tfa, la ditta derubata.













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