Bolzano senza un progetto

di Luca Fazzi


Luca Fazzi


Dopo i fatidici primi cento giorni la Giunta di Bolzano sembra essere paralizzata da un immobilismo assoluto. In politica, si dice che i primi 100 giorni sono la cartina al tornasole di cosa succederà nel resto della legislatura: nella storia delle democrazie, le riforme sono state annunciate tutte all’inizio delle legislature.
Mai alla fine. Trattandosi di una seconda legislatura anticipata come la stagione del fare successiva a quella del pensare è comprensibile che molti siano delusi. Come è anche in parte giusto, considerato il suo ruolo istituzionale, il capro espiatorio principale di questa situazione rischia di essere il sindaco Luigi Spagnolli, con i partiti che sollecitano un suo maggiore impegno e responsabilizzazione nell’assunzione di decisioni. Di Luigi Spagnolli si possono dire molte cose: che non è un moderno La Pira. Che non ha leadership. Che non ha una storia e una cultura politica forti. Persino che sia (come in larga parte è) un improvvisatore della politica, emerso come sindaco per una serie di fatti contingenti che hanno creato uno spazio che fortuitamente è riuscito a occupare. Ma sarebbe ingiusto attribuire al sindaco responsabilità che solo in parte gli competono. Chiedere a un sindaco di decidere a nome di una maggioranza che rappresenta un ventaglio di interessi che vanno da quelli lobbistico conservatori della Svp fino a quelli ideologico velleitari di Rifondazione Comunista è onestamente eccessivo.
Quando una coalizione è molto eterogenea e ampia e il suo collante politico non è progettuale, ma esclusivamente tattico, tagliare vuole dire dividere. E dividere una coalizione come quella bolzanina che si tiene insieme in nome del contrasto alla destra rischia di significare il blocco decisionale totale o la deflagrazione politica. Il problema politico di Bolzano non è dunque solo il sindaco Spagnolli. Certamente rispetto a quello che molti considerano l’ultimo sindaco della città con la S maiuscola, il Salghetti della prima legislatura, Spagnolli è - metaforicamente parlando - un nano di fronte a un gigante. Ma il nodo di fondo è perché è stato scelto Spagnolli. Perché qualcuno ha deciso di continuare a attribuire fiducia all’uomo che era riuscito a impaludare l’unico documento di scenario su cui la Giunta Salghetti era riuscita a trovare un minimo di convergenza politica: il piano strategico voluto in prima persona dal city manager Caramaschi? Questo è accaduto come tutti sanno per diverse ragioni: la spaccatura politica all’interno del Pd, la necessità di imbarcare per garantirsi la maggioranza partiti politici di nulla o quasi rappresentanza politica, la paura di perdere il potere a favore di una destra rivelatasi peraltro un serraglio di maldestri litiganti senza alcun progetto e cultura di governo. La scelta di Spagnolli si è caratterizzata tuttavia più di tutto per l’assenza di un progetto politico capace di delineare gli orizzonti di futuro della città. Il progetto di riferimento doveva essere il piano di sviluppo urbano: un documento talmente generico e surreale da accontentare tutti. Che alla luce di fatti attuali - i continui veti da parte della Svp alla costruzione di nuove aree edificabili, l’incapacità di rispondere da parte della giunta alle richieste dei grandi elettori, la sudditanza totale del sindaco nei confronti dei diktat della provincia - si sta rivelando per quello che fin dall’origine era: un orizzonte di senso velleitario, vago al punto da diventare alla prova della realtà sostanzialmente irrealizzabile. Ma la verità è che questo disegno progettuale non poteva e non può esistere perché gli interessi e i valori che compongono l’attuale coalizione di governo sono così distanti da bloccare alla fonte qualsiasi concretizzazione di un disegno modernizzatore della città. Su quali siano le metrature per lo sviluppo urbano si scontrano le posizioni conservatrici della Svp con quelle più legate all’interesse dei grandi costruttori e delle lobbies degli architetti di cui è espressione il Pd. Sulle politiche culturali, le resistenze della Svp rimangono ancora profonde e tali da bloccare tutti i progetti tesi al superamento del sistema delle società separate e alla conoscenza reciproca. Le scelte strategiche sono gestite e progettate regolarmente dalla Provincia. Che pianifica l’apertura dei megastore da fare gestire ai commercianti locali, decide sulle aree di espansione a Bolzano sud, blocca i progetti di mobilità urbana. Il tutto per venire incontro a interessi che sono in larga parte estranei ai veri bisogni di sviluppo della città. La responsabilità di questa maggioranza senza anima non può essere attribuita allora soltanto a un ex grigissimo funzionario diventato per caso sindaco. La responsabilità vera è di chi non è riuscito a aggregare gli interessi e i valori intorno a un progetto di sviluppo unitario. La responsabilità è dei partiti che hanno accettato di costruire alleanze tattiche, basate sul principio di soddisfazione di interessi di piccolo cabotaggio. Questo impoverimento della progettualità politica è tipico dell’attuale situazione italiana e è incarnata in Berlusconi... Ma a Bolzano non bisogna mai stancarsi di ripeterlo la crisi della progettualità politica è anche il frutto del depauperamento culturale, sociale e economico del gruppo linguistico italiano, ormai incapace di selezionare al proprio interno un ceto politico qualificato. Un gruppo che ha poche o nulle palestre di preparazione politica, pochi posti di potere intermedio per allenare le classi dirigenti a pensare orizzonti politici di medio respiro. Se ci si dimentica che la politica è progetto, essa non può che essere un esercizio sterile di retorica vuota. Cosa succederà adesso? E’ molto probabile che questa Giunta si spegnerà lentamente nei prossimi quattro anni senza grandi sussulti e emozioni. Bene hanno fatto però quanti hanno cercato di porre il problema all’attenzione dei cittadini. Senza retorica ma con la giusta aspettativa che Bolzano sia una città che merita un futuro migliore di un presente di progressiva decadenza: politica, demografica e culturale.

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