Bolzano, una festa per ricordare Simone Montesso

Parla la mamma del giovane volontario morto un anno fa: "Senza Simone è dura. Ma cerchiamo di andare avanti"



BOLZANO. «Senza Simone è dura. Ma cerchiamo di andare avanti. La nostra consolazione è sapere che se n'è andato facendo una cosa che lo rendeva felice». È passato un anno da quando Simone Montesso, 23 anni bolzanino di Oltrisarco, è morto durante un'esperienza di volontariato in una casa famiglia venezuelana: per mamma Tiziana e papà Giuliano sono stati mesi difficili. Il 10 aprile per i genitori - Simone era figlio unico - e per gli amici sarà un'occasione per ricordarlo con una grande festa. I manifesti con una serie di scatti sorridenti di Simone sono già pronti. L'invito è per domenica 10 aprile al «Memorial Simone in the heart», in via Resia a Villa delle Rose; il 6 alle 18.30 ci sarà una messa a Cristo Re. All'evento parteciperà anche un rappresentante della casa famiglia di Merida, dove il giovane bolzanino stava facendo volontariato: è morto durante un'escursione alle pendici del Pico Bolivar. Il suo corpo e quello di Massimo Barbiero, 37 anni, missionario laico veneziano, erano stati ritrovati dopo una settimana di ricerche. A tradirli, probabilmente, la nebbia e la pioggia improvvisa, dopo mesi di siccità, che avevano trasformato una tranquilla passeggiata in montagna, cominciata con il sole, in tragedia. Un dramma per la famiglia e gli amici che, a distanza di un anno, vogliono ricordare Simone e sostenere finanziariamente il suo progetto. Il programma prevede musica dal vivo e un torneo di calcetto. Il ricavato della festa verrà devoluto alla casa famiglia venezuelana. Anima dell'iniziativa Mimmo Lampaca amico, assieme alla sorella Monica, di Simone: «Siamo sicuri che lui apprezzerà: è così che vorrebbe essere ricordato». Ne è certa anche mamma Tiziana che parla con orgoglio di quel figlio che "all'apparenza preferiva la sostanza, al superfluo l'essenziale" e fin da piccolo sognava di andare in Africa. «Era un bambino - ricorda mamma Tiziana - e aveva questo chiodo fisso. Io e mio marito ascoltavamo e non davamo grande peso». Poi però, con gli anni, quello che era il sogno di un bambino ha cominciato a concretizzarsi in un progetto di vita e diventare impegno sociale. Dopo le medie, Simone si era iscritto al liceo Toniolo, indirizzo sociale, quindi la laurea in Scienze dell'educazione. L'obiettivo successivo doveva essere il servizio civile internazionale nei Caschi bianchi: 10 mesi di missione all'estero. Ma tra la laurea e il concorso per entrare nei caschi Bianchi aveva deciso di fare qualcosa per gli altri. «Anche per capire - dice la madre - se l'impegno sociale era davvero la sua strada o solo un'infatuazione giovanile». Simone, molto conosciuto a Bolzano e in particolare ad Oltrisarco dove abitava con i genitori, nel 2010 aveva preso contatti con la Comunità papa Giovanni di don Oreste Benzi a Rimini che ha case famiglia sparse un po' in tutto il mondo. Cambiano i Paesi, ma la mission è sempre la stessa: aiutare gli ultimi. «Simone avrebbe voluto andare in Tanzania - dice la madre - in quel progetto però non c'era più posto. Per questo aveva ripiegato sul Venezuela, dove la comunità riminese ha una casa famiglia che lavora con i bambini». Tiziana e Giuliano Montesso avevano cercato di convincerlo a fare volontariato restando vicino a casa, ma lui aveva seguito la sua strada: «Voleva aiutare gli ultimi, quelli che non hanno proprio nulla. A Merida infatti, tra i bambini della comunità famiglia, Simone era felice. Era lì solo da un mese, un periodo breve, ma sufficiente per capire che quella era la sua strada: doveva restare per altri cinque. Quell'esperienza lo appagava e questo, oggi, rende un po'meno dolorosa la sua assenza. Tarpargli le ali sarebbe stato solo egoismo».

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