Bressanone: uccise la conviventeDopo 16 anni si toglie la vita

Trovato morto suicida in un bosco di Barbiano Thomas Göller, 43 anni, un passato da rapinatore incallito, una quarantina di furti e rapine tra il ’91 e il ’94 e omicida, sedici anni fa, della sua ex convivente, Monika Mor, freddata a colpi di pistola



BARBIANO. Si è tolto la vita con un colpo di pistola, un revolver 762. Si è conclusa così, con un suicidio, in solitudine, nei boschi tra Villandro e Barbiano, la vita dannata di Thomas Göller, 43 anni, un passato da rapinatore incallito, una quarantina di furti e rapine tra il ’91 e il ’94 e omicida, sedici anni fa, della sua ex convivente, Monika Mor, freddata a colpi di pistola.
Il corpo senza vita di Thomas Göller, ritrovato da un passante che abita poco lontano, in avanzato stato di decomposizione, era nel bosco da diversi giorni. A pochi chilometri da casa, a Barbiano. L’auto, una Fiat Punto rossa, lì vicino. Circa un chilometro a piedi nel bosco, prima di farla finita. Nessun biglietto sul corpo del bel Thomas, occhi piccoli ma penetranti, baffetti scuri, la frangetta con la riga al centro. Il cellulare è stato sequestrato dai carabinieri di Ortisei per verificare se vi siano state telefonate negli ultimi giorni. Il corpo di Göller, che indossava una camicia e un paio di jeans, è stato portato all’ospedale di Bolzano dove sarà sottoposto ad autopsia. L’uomo era in semilibertà.
Una vita da film, quella di Göller. Buttava via tutto dopo una rapina, tranne il bottino, ovviamente. Bruciava gli abiti, faceva sparire le auto e le moto rubate. Quaranta tra furti e rapine, senza essere scoperto. Una carriera stroncata non da un qualche investigatore ma dal «salto di qualità»: da rapinatore ad assassino. 3 maggio 1994: l’ultimo giorno di vita di Monika Mor, la sua ex fidanzata. Attesa al varco e freddata. Aveva conosciuto Monika mentre rapinava banche, supermercati e benzinai assieme a suo fratello Manfred.
Viveva bene con i soldi in tasca, lui che di mestiere faceva l’addetto ad uno skilift di Carezza, lo spurgatore di pozzi neri. Se il colpo andava male, ne tentava un altro poco dopo. Non aveva una vera e propria banda, Thomas. Era un lupo solitario. Si rivolgeva agli altri solo quando ne aveva necessità.
La sua infanzia non è stata all’acqua di rose. Una situazione familiare difficile, poi il collegio e tutto il resto: il ragazzino aggressivo diventa ribelle, il ribelle frequenta le brutte compagnie, il circolo si fa vizioso e la fedina penale inizia ad imbrattarsi. Nel gennaio 1994 lo arrestano per una rapina in banca, in val d’Ega. Lui e un complice. Si fanno un mese e mezzo dentro, poi vengono prosciolti. Poi arriva quel giorno maledetto ad Elvas, sopra Bressanone. Thomas è fermo all’incrocio della provinciale per Rasa, seduto a bordo di un’Alfa 164 targata Milano, sotto il sedile una 7,65 semiautomatica. Quando vede arrivare la Bmw di Monika toglie il freno a mano e si piazza di traverso, bloccandole la strada. Impugna la pistola, scende e va verso l’auto. Fa fuoco sul parabrezza, poi si sposta sul lato guida e crivella di colpi la donna. Cinque, i colpi. Poi risale in macchina, entra in un negozio, appoggia la pistola sul banco e chiede di chiamare i carabinieri e il suo avvocato. È un delitto premeditato: i giudici della corte d’assise il 22 aprile del 1995 gli danno l’ergastolo. Sentenza confermata sino alla Cassazione. Da scontare nel carcere di San Gimignano. Poi la svolta, collaboratore di giustizia e una sequela di arresti, dei suoi complici. La semilibertà. Fino alla fine, al triste epilogo.

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