Bufera sul pranzo segreto tra Arno e Matteo

Protesta degli esclusi, Bizzo lo disdice. Ma è giallo sui movimenti dei due sindaci Il Pd conquistato dal segretario nazionale in pectore: mai stati così uniti


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Frena è via, forse a un convegno. Costa? A Pescara. Luisa Gnecchi? A Roma. Cercasi bersaniani. Alla fine, in bici, arriva la assessora Pasquali. Ma è sospettosa. Pochi applausi al discorso. L'altro Pasquali, Alberto, aspetta Renzi appoggiato a una ringhiera: centristi transfughi in cerca di una nuova patria policentrica? Salghetti si avvicina. Ha il passo placido del democristiano che si è seduto troppe volte sulla sponda del fiume ad aspettare i cadaveri di passaggio per stupirsi della ressa e della rissa (dei fotografi) intorno al sindaco di Firenze che l'anno scorso era definito «un corpo estraneo al partito».

Chi non sta nella pelle e scuote i suoi capelli biondo-meranese è Iliaria Piccinotti, unica reduce certificata della Leopolda 2010, data ab urbe condita dei renziani. «Io c'ero e adesso non mi sembra vero». Cosa non le sembra vero, tutti questi renziani della seconda ora? «A dire il vero ce ne sono molti anche della terza. No, dicevo il partito così unito...». Unito è unito il Pd. E con un entusiasmo abbastanza inconsueto in queste latitudini. Unico paragone possibile di Renzi 2013- Rainerum, è Veltroni-Kulturheim Gries ai tempi della sfida maggioritaria a Berlusconi.

Bizzo sta nella pelle perché ancora stretto nella sua cravatta verde del Festival dell'innovazione. Ma è come la Piccinotti: gongolante. Era salito l'anno scorso sul camper di Renzi assieme a Kompatscher, quando Bersani stava ancora mirando alle gomme. Qualcuno lo guarda come la Madonna pellegrina. Ma perché? «Magari perché adesso mi trovo Letta al governo e Renzi quasi segretario». E allora? «Beh, con questi due devo dire che mi sento a casa». L'assessore voleva e doveva ripetersi: lui, Kompatscher e Renzi non più in camper ma al ristorante, a mangiare un boccone dopo il comizio. Ma pare sia successo un putiferio. Del tipo: e allora veniamo anche noi. Perché Bizzo sì e io no, ecc. Alla fine non se ne è fatto niente. Dice Bizzo: «Ho rinunciato. Ho chiamato Kompatscher e gli ho detto: facciamo un'altra volta. Troppa tensione, meglio stare sereni». Nel pomeriggio trapela che Renzi e Kompatscher sarebbero riusciti a vedersi. Si avvicina Spagnolli: «Io avevo la soluzione: tutti insieme a mangiarci un würstel in piazza. E chi c'era c'era». Renzi doveva essere al Rainerum alla 12, la sua auto è entrata alle 12.30. Poi doveva andare a Trento, sempre per la campagna Pd, poi alle cinque a Verona. Lì l'impegno era improrogabile: un faccia a faccia con Tosi, il sindaco di Verona, con in mezzo Mentana. Come dire il nuovo leader del centrosinistra e uno dei probabili leader in pectore del centrodestra. Aria di giovani turchi. Ma a Bolzano, anche Renzi non sembra lui. Una delle frasi chiave sul palco è stata: «Basta correnti. Chi dice: io sono un renziano, vada a farsi curare». Chiama gli sfidanti alle primarie per nome, non per cognome. E' un Pd che annusa la vittoria e Renzi annusa la sua. Dice sempre «noi». Tommasini sorride. Era entrato dai cancelli del Rainerum assieme a Franz e Bepi, bassaioli come lui. Dovevano dare il «canederlo d'oro» a Renzi. E a Tommasini? «Lui l'ha già avuto». L'attapiramento di Renzi è un bagno di folla. Tommasini guida la delegazione dei candidati: «Renzi ha trovato la misura e il partito non è mai stato così unito». Che Renzi sia un poco cambiato lo dicono anche i renziani: «Si è capito che picchiarsi tra di noi non ha senso. Meglio picchiare fuori».

Spagnolli lo saluta «da sindaco a sindaco». Poi ragiona: «Ha un nuovo modo di parlare. Anche con i media. Niente riflessioni contorte. Parola chiare. E il suo comizio più che pieno di slogan mi è sembrato pieno di racconti e di sentimento. Il Pd? Sarebbe da pazzi non cogliere questa occasione unitaria per darsi tutti quanti una bella rinnovata».

Alla fine Renzi non riesce neanche ad uscire. I candidati lo stringono. La Brugger si becca tre minuti di dialogo fitto, gli altri poco meno. Si infila Peterlini e parla per dieci minuti. Renzi bersagliato sull'indulto: «E' diseducativo, come il condono. Ma Napolitano deve parlare e noi possiamo discutere». Uno azzarda: Letta segretario? «Scusi, lui è presidente...E poi chi lo dice?». Lo ha detto Fioroni... «Ragazzi, io ho un principio: non rispondo a Fioroni». Saluti e baci. Baci dalle signore, s'intende. Un trionfo.

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