Canal: i respinti in prima? Poca voglia di sacrificarsi

La dirigente del Pascoli spiega l’alta percentuale di bocciature alle superiori «Spesso manca attitudine per un indirizzo e ci sono carenze nell’orientamento»


di Alan Conti


BOLZANO. Non si boccia per cattiveria o per il gusto di farlo. La dura selezione in prima superiore emersa dai dati presentati dalla Provincia per la scuola italiana risponde a una logica formativa. Uno su due viene promosso alla classe successiva, uno su cinque perde l’anno, ma rientra nella normalità di uno sbarramento necessario e preteso dalle scuole. «Teniamo conto - spiega la dirigente del liceo Pascoli Laura Canal - che in questa statistica rientrano anche diversi ritiri che sono peculiarità del primo anno. Molti ragazzi e le loro famiglie, magari, si accorgono di fronte a pagelline trimestrali con una serie di insufficienze che la scelta di orientamento non è stata perfetta». Capita di accorgersene presto e di arrivare comunque fino in fondo. «Sì, certo, ma molto spesso l’esito è uguale. Di solito, per la verità, la tendenza sarebbe di garantire agli studenti un biennio di tempo per fare i conti con le competenze e le capacità. Già in prima, però, risulta evidente se c’è la disponibilità a faticare e il singolo talento per una scuola».

Ci si avvita sempre più spesso, insomma, sul problema della scelta della scuola superiore. «Sì, possiamo fare di più. Attenzione che non punto il dito contro le scuole medie. Parlo di un sistema complessivo che coinvolge tutte le componenti scolastiche e anche le famiglie. Capita, va detto, che gli istituti comprensivi congedino gli alunni con delle indicazioni dettagliate sul futuro scolastico e poi i genitori decidano di non ascoltarle. È legittimo, ma certe scelte vanno ponderate molto bene per non commettere errori e perdere del tempo. È evidente, per esempio, che la scelta di un liceo imponga la predisposizione mentale a mettersi in cammino su una carriera di 10 o anche 12 anni contando gli anni di università. Non solo, l’impegno richiesto è probante. Inutile girarci intorno. Non basta avere talento o essere portati per le materie di indirizzo, ma serve anche la disposizione al sacrificio. Non si scappa. Se i professori si accorgono che manca questo è giusto che lo rimarchino con gli strumenti che hanno a disposizione».

Si torna, dunque, sul problema dell’eccessiva liceizzazione. «Certo, è un dato di fatto. Dobbiamo impegnarci per capire da cosa dipenda e migliorare questo aspetto». La sovrintendente Nicoletta Minnei ha parlato di un certo timore legato alla crisi. «Può essere, ma io non sono così convinta che le famiglie si sentano più sicure prospettando più anni di studio ai loro figli. Forse è più facile collocarsi ora con una qualifica tecnica professionale di qualità».

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