Cannabis terapeutica, Stocker ora frena

L’assessore: «Non è detto che il ministero accetti», ma l’associazione dei malati punta al via libera



BOLZANO. E adesso cosa accade? E' la domanda che ronza nell'aria dopo l'approvazione dell'altro giorno della mozione sulla richiesta di coltivazione della cannabis con scopo medicale in territorio altroatesino. L'assessore alla sanità Martha Stocker frena, ma le prospettive concrete sono legate essenzialmente alla volontà ministeriale. Palpabile lo scarso entusiasmo della rappresentante di giunta sull'indirizzo ricevuto dal consiglio, ma l'iter va avviato. «Entro le prossime ore farò partire la richiesta ai ministeri della salute e della difesa. Non è affatto detto che accettino». In ogni caso porta chiusa sull’opzione di coltivare al centro provinciale di Laimburg: eventualità stralciata anche dalla mozione. «Non è adeguato. Nel modo più assoluto non voglio militarizzarlo». In caso di via libera governativo, però, bisognerà pensare a delle alternative. «Al momento non è oggetto delle mie riflessioni. Ricordiamoci che non è affatto automatico il meccanismo per cui l’approvazione della mozione porta alla coltivazione. Capisco l’esigenza di abbattere i costi che per i malati sono di 35 euro a grammo, ma in questa vicenda ci sono delle associazioni di idee che non mi piacciono».

Si teme, insomma, una deriva un po’ troppo libera. «Non è assolutamente così - la replica del vicepresidente dell’associazione per la cannabis terapeutica Stefano Balco - perchè l’uso e le prescrizioni sono precise e inviolabili». La novità è che tutta la filiera potrebbbe essere messa in piedi sul territorio altoatesino. «Una volta acquisite le talee da Rovigo potremmo farle crescere e purificarle dalle muffe attraverso raggi gamma direttamente all’ospedale di Bolzano». Quante probabilità ci sono di vedere tutto questo nel concreto? «Onestamente ci sono perchè l’orientamento è quello di cercare dei progetti pilota. Comunque l’assessore Stocker non ha capito che i militari nella struttura di Firenze ci sono solo perchè l’edificio è militare, non per sorvegliare le piante. Qui nessuno li imporrebbe». Piemonte e Puglia, intanto, hanno già avanzato richieste simili. «Sì, attendono delle risposte. Anche in Trentino ci sono due coltivazioni, una in val di Cembra e l’altra a Villazzano, ma si tratta di piante che devono essere stabilizzate. Sostanzialmente lontane dal poter essere già usate come scopo medicale. Sono sperimentazioni».

Lo zoom, insomma, ora si sposta tutto su Roma. (a.c.)

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