Capitale della cultura, una sfida

di Giorgio Tavano Blessi


Giorgio Tavano Blessi


Lo scorso 24 Febbraio i rappresentati della Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento, Regione Veneto, Friuli Venezia Giulia hanno firmato il protocollo d’intesa per la candidatura di questi territori a Capitale Culturale Europea del 2019. Nei giorni immediatamente precedenti e successivi alla firma si è acceso un interessante dibattito tra gli attori del sistema locale rispetto agli obbiettivi, scopi ed opportunità di un evento di questo tipo nel territorio altoatesino, anche alla luce delle passate esperienze che hanno visto alternarsi casi di successo ad altri passati quasi in anonimato. Proprio gli andamenti delle passate esperienze inducono ad una riflessione su quali siano i possibili modelli di successo ed impatti - e benefici - non solo in una prospettiva di breve termine, ma di lungo respiro. In questa direzione può essere utile effettuare un paragone tra due città che sono state selezionate quali Capitali Culturali Europee del 2004, Genova e Lille. Le due capitali hanno costruito sia il protocollo di candidatura che la manifestazione in maniera nettamente opposta.
E pur essendo state entrambe un caso di successo durante l’anno dell’evento, la cosa che le ha distinte in maniera netta sono stati gli impatti nel lungo termine. Analizzando nel dettaglio l’operazione realizzata a Genova è possibile verificare come questa sia stata prevalentemente orientata ad ottenere dall’evento il massimo profitto economico possibile, un profitto generato dai visitatori accorsi ad assistere al programma culturale messo in campo. L’interesse degli amministratori locali era infatti dichiarato apertamente in tal senso, ed è stato perseguito attraverso azioni che hanno prevalentemente riguardato l’hardware del territorio, ovvero ad esempio, la ristrutturazione di luoghi a precedente vocazione industriale e la trasformazione in nuovi contenitori culturali, ed eventi di grande richiamo. L’operazione ha quindi avuto successo durante l’anno, scarse però sono state le ricadute in termini di presenze aggiuntive l’anno successivo, così come le occasioni di sviluppo economico non connesse all’industria turistica.
Sempre nello stesso anno, Lille ha operato in maniera diametralmente opposta. Innanzitutto l’area dell’evento ha travalicato i confini urbani, andando ad abbracciare l’intera regione ed i territori limitrofi, allo scopo di creare una rete di relazioni virtuose in grado di promuovere lo sviluppo sociale ed economico a livello regionale ed extra-regionale. L’intero anno è stato quindi pianificato sia rispetto allo sviluppo dell’hardware del territorio, come nel caso precedente, ed operando parallelamente, e con lungimiranza anche rispetto al software, ovvero nel promuovere un processo di sviluppo di interessi e conoscenza nella popolazione attraverso la partecipazione ed esposizione alla cultura. Lille ha cercato di trasformare questo evento in un’occasione di ri-definizione delle vocazioni e capacità degli attori locali, cercando di avviare una strategia in grado di rendere maggiormente attrattivo il territorio non solo quale meta turistica, ma anche quale luogo in grado, ad esempio, di accogliere adeguatamente le aziende di carattere innovativo, di supportare questi settori produttivi grazie alla presenza di risorse umane preparate a curiose, la creazione di un tessuto sociale aperto ed inclusivo quale premessa per accogliere ed accettare i nuovi residenti, in altre parole rendere l’area più competitiva ed aperta alle sfide del contemporaneo.
L’esempio di Lille è forse l’esempio di maggior successo tra le Capitali Culturali Europee degli ultimi anni, un successo che non è frutto unicamente dell’elevato numero di visitatori giunti a visitare la città e la regione durante l’anno, ma per gli effetti generati nel lungo periodo. Numerosi sono i dati che potrebbero essere utilizzati per testimoniare la bontà del progetto, basti però riportare come l’agenzia pubblico privata che si è occupata di progettare la manifestazione abbia cambiato il proprio nome, da Lille 2000 a Lille 3000, e guardando al futuro sia ancora attiva quale struttura al servizio dello sviluppo sociale ed economico della regione.
Cosa ci dicono questi casi rispetto alla funzione e concezione della cultura?
Da un lato l’esempio di Genova mostra un idea della cultura quale prodotto da vendere alla stregua di qualsiasi settore produttivo (edilizia, automobili) per ottenere una rendita economica. E’ una concezione obsoleta della risorsa cultura, considerata un’abbellimento’, concezione strettamente collegata ad un’idea di territorio dato per le sue caratteristiche storiche ed identitarie ritenute immutabili. Il caso di Lille fornisce invece una chiara evidenza della funzione strumentale e trainante della cultura rispetto a nuovi modelli di sviluppo basati sull’economia della conoscenza. In queste società la cultura è la piattaforma per la concezione di idee e di innovazione, per promuovere modelli sociali aperti ed inclusivi, lo strumento per fornire opportunità di crescita per i giovani, la piattaforma per quei settori che presentano i tassi più elevati di sviluppo e assorbimento di forza lavoro - per lo più giovani - come nel caso delle industrie creative, per evolvere le caratteristiche storiche ed identitarie del territorio e quindi promuovere la generazione di benessere economico e sociale futuro.
Il caso di Lille ha mostrato gli effetti di un oculato investimento di un territorio in cultura, e come questa risorsa sia fondamentale nella vita delle persone e delle società contemporanee, perché capace di innescare occupazione, spinta innovativa, complementarità strategica e la fertilizzazione incrociata tra le persone, le comunità, le regioni, settori produttivi.
Per L’Alto Adige si tratta di raccogliere questa occasione. Attraverso questo evento gli attori locali possono lavorare su un progetto di lungo respiro che ponga al centro la cultura quale veicolo per lo sviluppo, per creare reti di collaborazione tra attori sociali ed economici, per guardare in maniera equilibrata sia la nord che a sud, a breve, medio e largo raggio. Si tratta di un’opportunità che può generare un salto di qualità per il sistema locale, una sfida per costruire il futuro di un area al centro dell’Europa.

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