Carezza, chiesto lo stato di calamità 

Ripristinate viabilità e rete elettrica, restano tanto lavoro urgente da fare e da rimuovere 500 mila metri cubi di legname


di Paolo Tagliente


BOLZANO. Il tempo resta variabile e il peggio sembra davvero passato. Ma l’emergenza resta. Intatta, in tutta la sua drammaticità. Perché la devastazione è stata tale che serviranno mesi per sistemare i danni causati da vento e pioggia e decenni per rivedere gli alberi in vastissime aree dell’Alto Adige. Fermo restando che nulla sarà più come prima. Ieri pomeriggio, intanto, una frana è caduta sulla strada tra Castelbello e Laces. Nessun ferito, ma strada chiusa. Nella zona di Carezza, che insieme al vicino Agordino, è la zona dove i danni sono stati maggiori, si lavora senza sosta da giorni e solo nel primo pomeriggio di ieri le strade della zona sono state ripulite e riaperte. «Oggi a mezzogiorno – Markus Dejori, sindaco del comune di Nova Levante, di cui Carezza è frazione – la protezione civile, i vigili del fuoco locali, i volontari e le ditte sono riusciti a ripristinare tutti gli accessi e le strade per raggiungere i masi. E hanno anche liberato la strada del Passo di Costalunga. Grazie ad un grande lavoro compiuto insieme ai tecnici di Edyna – continua il primo cittadino – è stata ripristinata la rete elettrica a Carezza e ora funziona tutto quasi normalmente».

Ma il “problema dei problemi” resta ancora lì, irrisolto, in tutta la sua disarmante enormità. «Lunedì (domani per chi legge, ndr) chiederemo lo stato di calamità – rivela Markus Dejori – perché sul terreno rimangono circa 500 mila metri cubi di legname, la quantità che di solito si taglia in un anno nell’intero Alto Adige. Questa gigantesca quantità di legname va raccolta in fretta, ma a preoccupare di più è il rischio idrogeologico che comporta senza dubbio la sparizione del bosco, che aveva una funzione protettiva garantendo la stabilità dei versanti. Credo che nei prossimi anni avremo parecchi problemi su questo fronte. Per questo, da lunedì ci metteremo al tavolo con gli amministratori e i tecnici provinciali e, allo stesso tempo, chiederemo lo stato di calamità per procedere il più velocemente possibile sul fronte burocratico. Un passo necessario per poter assistere nella ricostruzione i censiti che hanno subito danni alle loro abitazioni, che per fortuna hanno subito danni minimi rispetto alla devastazione dei boschi, e per sistemare gli impianti di sci. Insieme al demanio forestale, inoltre, il Comune e i privati e faremo un programma degli interventi». La notizia buona è che, lavorando con la consueta tenacia, gli interventi sugli impianti di risalita potranno essere conclusi in tempo per l’inizio della stagione turistica invernale. «Riusciranno ad aprire regolarmente – assicura il sindaco – c’è ancora tanto lavoro da fare, ma ce la faranno. A Carezza si scierà regolarmente. Certo – conclude, amaro, Dejori – il panorama sarà completamente diverso, ma la natura è questa. E supereremo anche questa difficoltà. Lo faremo grazie al grande lavoro di primo soccorso e di ripristino compiuto dai volontari, fino a 120 persone, che hanno lavorato durante l’emergenza e continuano a farlo. Basti pensare che la strada da Nova Levante a Carezza era letteralmente sommersa dalle piante per un’altezza di tre o quattro piani. E ora è riaperta». A pochi chilometri, nel Bellunese, la situazione è forse ancora più grave. Lì, le raffiche di vento che hanno superato i 150 chilometri orari, creando devastanti vortici e trombe d’aria, hanno raso al suolo boschi per oltre un milione e mezzo di metri cubi di legname. A dir poco impressionanti le immagini della diga di Comelico, in cui si sono riversati una parte degli alberi abbattuti e tonnellate di detriti. Una spessa coltre di tronchi ora galleggia sulle acque, creando non poca preoccupazione tra i tecnici e la popolazione. E così, come è accaduto in Veneto, dove il Cai ha invitato tutti ad evitare escursioni in montagna, anche qui le autorità fanno appello al buonsenso di tutti chiedendo di evitare il “turismo dell’orrore”, avventurandosi nelle zone devastante e mettendo a repentaglio la propria incolumità e quella degli altri.















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