Carlotto, enologa di Ora che scommette sul Pinot

Michela: «Non ho paura dei calli alle mani. Mi legano ancora di più al territorio» Ha ereditato la passione dal padre Ferruccio «ma non mi ha mai imposto nulla»


di Federica Randazzo


ORA. Michela Carlotto, insieme al padre Ferruccio, è l’anima della Cantina Carlotto di Ora, una piccola eccellenza del mondo vitivinicolo altoatesino. La produzione dell’azienda si concentra su Lagrein - coltivato ad Ora - Pinot nero e Schiava - le cui uve provengono, invece, dalla collina di Mazzon - per un totale di 21 mila bottiglie l’anno. La famiglia Carlotto coltiva la vite da tre generazioni ma è solo nel 2000 che Michela e Ferruccio hanno deciso di buttarsi nell’avventura di vinificare ed imbottigliare in proprio le uve prodotte.

La giovane enologa (classe 1982) non è una donna che si lascia spaventare dal lavoro, anzi «cerca nella fatica il proprio riposo», spiega citando l’alpinista Guido Rey. Ha scelto di studiare viticoltura ed enologia in modo molto naturale, senza costrizioni familiari: «Mio padre mi ha trasmesso la passione ma è sempre rimasto un passo indietro, non mi ha mai imposto nulla». L’amore di Michela per questo lavoro traspare dalla cura con cui sceglie le parole per descrivere i propri vini: «Voglio che siano sempre molto franchi, che non siano fatti per essere bravi o per essere perfetti, ma che siano espressivi, che abbiano una propria vibrazione». Per Michela il vino deve essere impegnativo per chi lo produce ma non deve mai pesare sul palato di chi lo beve. «Una buona bottiglia lascia una sensazione positiva ma lo fa con grande leggerezza, non ostenta la propria importanza.». Dal papà Ferruccio ha imparato ad osservare il vigneto continuamente. «Bisogna entrare spesso nei campi e stare attenti anche alle più piccole cose, perché sono i primi segnali di quello che avverrà». La parte che preferisce di questo lavoro è la coltivazione delle uve: «È un mestiere bellissimo, perché il fisico viene sollecitato in continuazione ed in modo diverso in base al cambiare delle stagioni». Con questo mestiere, il suo corpo, è cambiato. «Le mani si segnano e può darsi che venga un callo, ma non ci fai caso, perché è una cosa che ti lega ancora di più a quello che stai facendo». Michela, infatti, i guanti li mette quando lava i piatti ma non quando lavora nei campi, qui vuole avere un contatto diretto con le proprie vigne. «Prima di mettere un tappo ad una bottiglia e chiudere il ciclo voglio capire che vino ho davanti, capire il suo equilibrio e rispettarlo». I vini della Cantina Carlotto sono di ottima fattura ma è il Pinot nero il fiore all’occhiello dell’azienda. Michela è una grande esperta di Pinot, su cui ha anche scritto un libro con Peter Dipoli (“Mazzon e il suo Pinot nero”). Il Pinot nero della famiglia Carlotto, ha un colore rosso rubino tendente al granato, al naso è molto elegante ed ha una bella complessità. È un vino che rispecchia a pieno la personalità di Michela: inizialmente è timido, si apre lentamente, ma quando si concede rivela una grande personalità.

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