Cartelli montagna, Palermo  smentisce Kompatscher 

Le direttive. Il costituzionalista: l’accordo Fitto-Durnwalder non ha valore giuridico Urzì incalza la Lega: «Sui toponimi vale solo lo Statuto. I nuovi alleati vigilino sulla Svp»



Bolzano. Il mistero, o pasticcio, dei cartelli di montagna. La giunta provinciale dà il via libera alle «Direttive sulla segnaletica uniforme dei sentieri». Alla domanda sull’utilizzo dei nomi il presidente Arno Kompatscher risponde che verranno utilizzati i criteri dell’accordo Durnwalder-Fitto, che non sono (ancora) entrati in una legge e norma di attuazione sulla toponomastica, ma per quanto riguarda la segnalatica sui sentieri, annuncia Kompatscher, «per noi sono in vigore». In sintesi, l’accordo Fitto-Durnwalder accantona il bilinguismo assoluto (da Statuto) e introduce il criterio dell’uso e dei nomi storici, solo questi possono comparire sulla segnaletica, oltre al bilinguismo obbligatorio dei nomi generici (sentiero, malga, rifugio, ferrata), anche per motivi di sicurezza. Il giorno dopo tutta la questione si ingarbuglia.

Nella delibera di Arnold Schuler, pubblicata sul sito della Provincia, non viene citato l’accordo Fitto-Durnwalder. Questo è il passaggio: «Per i sentieri si applica il regolamento della toponomastica vigente sul territorio provinciale al momento dell’installazione della segnaletica».

Le obiezioni di Palermo

E infatti non potrebbe esserci, un riferimento all’accordo Fitto-Durnwalder. Lo dice chiaramente Francesco Palermo, costituzionalista ed ex presidente della Commissione dei Sei che nella scorsa legislatura aveva elaborato una norma di attuazione sulla toponomastica (fermata prima della approvazione). «L’accordo di Fitto-Durnwalder non è un atto giuridico, infatti non è mai stato pubblicato», così Palermo (intervistato dalla Rai). Kompatscher ha detto che sulla scelta dei nomi «si applicherà il buonsenso». Ma senza appigli giuridici, dice Palermo, «si rischia il caos». Il punto interessante è che la Provincia con le direttive mira a uniformare la segnaletica di montagna, sottraendola alla libertà di decisione di associazioni alpinistiche e turistiche. Lasciando da parte le polemiche sul bilinguismo dei nomi, queste regole dovrebbero almeno evitare i problemi di sicurezza che si sono creati nei sentieri in cui sono stati installati cartelli solo in tedesco anche nelle diciture importanti per la sicurezza.

I paletti di Urzì

Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore) sottolinea: «Invece di scrivere che la toponomastica deve essere bilingue come previsto dallo Statuto di Autonomia la giunta Lega/Svp (su dettatura della Svp, evidentemente) rimanda al “regolamento vigente”. Quale è questo regolamento? Non c’è, non si capisce nemmeno cosa possa essere, perché c’è solo lo Statuto, che disciplina la materia prescrivendo il bilinguismo. Kompatscher è allergico al bilinguismo, fa fatica a ribadirlo? Curioso e infondato è il ricorso ad un antico accordo (superato da una sentenza recente della Corte costituzionale) che prevedeva una intesa fra l’allora ministro per gli affari regionali Fitto e Luis Durnwalder. Come detto, è ora la Consulta che non prevede più simili interpretazioni restrittive. Basta sotterfugi per cancellare la lingua italiana. Alla Lega affidiamo il compito di non mollare su questo tema. In caso contrario saremo pronti ad ogni azione anche legale per vedere ripristinato il diritto al bilinguismo». FR.G.

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