Concessione A22, Roma mette i paletti

Lo Stato punta al controllo della futura società in house. Alta tensione dei soci locali. Vertice della Svp con Gentiloni


di Francesca Gonzato


BOLZANO. La crisi è seria. E per questo finora è stata gestita nella totale riservatezza. Il rinnovo della concessione dell’Autobrennero è al centro di un brusco scontro di potere con Roma. L’affidamento diretto della concessione trentennale da parte dello Stato alla società in house dell’A22, che consentirebbe di evitare la gara europea, non è a portata di mano, questione ormai di pochi passaggi tecnici, come è stato detto nei mesi scorsi. Si è arrivati alla stretta finale su una serie di nodi. Negli ambienti politici si inizia a pensare al piano B, ovvero come gestire la preparazione della gara. Bolzano e Trento lotteranno fino all’ultimo perché questo non avvenga. Al rinnovo della concessione sono legati il finanziamento al Bbt, la circonvallazione di Bolzano e altre opere sul territorio. Nuovi proprietari sarebbero tenuti a investimenti locali, previsti dalla gara, ma con una attenzione evidentemente diversa. La Svp ha chiesto un incontro al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Dovrebbe essere organizzato per questa settimana. Ma la stretta finale sull’A22 da settimane è al centro di incontri a Roma come a Bruxelles, sia a livello politico che tecnico.

Con grande lavorio negli scorsi anni è stata costruita la soluzione dell’affidamento in house, garantendosi il via libera dell’Unione europea e dello Stato. È in via di definizione la cessione delle quote dei soci privati ai soci pubblici, una delle condizioni per costituire la società in house. Garantite le condizioni di base, si è arrivati al cuore del problema. Chi avrà il controllo della società in house? Il tema è il requisito del «controllo analogo», previsto dalla normativa comunitaria, che si dovrà tradurre negli organismi direttivi della società. All’interno del ministero delle Infrastrutture l’orientamento prevalente dei tecnici è che nell’Autobrennero lo Stato, come ente concessionario, avrà il ruolo prevalente. I soci pubblici locali puntano invece a salvaguardare una maggiore autonomia della società e del proprio stesso ruolo. Questo è uno dei temi chiave, insieme alla consistenza e all’utilizzo del «fondo ferrovia», il tesoretto da oltre 500 milioni di euro destinato al Bbt. L’obiettivo della Svp e dei suoi alleati è di inserire all’interno della legge di bilancio dello Stato per il 2018 una norma che chiarisca in termini definitivi una configurazione della futura società in house secondo i requisiti immaginati dai soci locali. Come partner di maggioranza, la Svp conta su rapporti eccellenti con il premier Gentiloni e il ministro Graziano Delrio, ma lo snodo in questo momento è soprattutto tecnico. Sarà inevitabile per la Svp mettere sul tavolo la minaccia di non votare la legge di bilancio. Il codice degli appalti, entrato in vigore nel 2016, prevede un periodo di 3 anni per il rinnovo della concessione. Scaduto questo termine, si dovrebbe andare a gara. Il 2019 viene considerata dunque la data finale. Se fallirà l’attuale trattativa, dell’eventuale società in house si riparlerà dopo le prossime elezioni politiche. A quel punto, il 2019 sarà molto vicino. Ecco perché il livello di allarme si è alzato.

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