«Convenzione? La politica ha sbagliato»

Laura Polonioli: «La parte più moderna della popolazione non è stata rappresentata. Ma i partiti non cerchino alibi»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. La politica salverà la Convenzione sull’autonomia, finita in acque para secessioniste? «Questo è esattamente il favore che non le si deve fare. È la politica che sbagliato le condizioni di partenza della Convenzione, provocando tutto ciò che è accaduto dopo. Ed è la politica che deve riflettere sui propri errori. Altrimenti non usciremo da questo circolo vizioso. L’Alto Adige della Convenzione è una fotografia deformata». Riservata per professione e carattere, Laura Polonioli, avvocato del Comune di Bolzano, è stata eletta tra i 33 della Convenzione come rappresentante dei Comuni. E lì si è rivelata una sorta di panzer «gentile» nel portare avanti una visione di rinnovamento dell’autonomia. «Per come si sono messe le cose durante i lavori», conferma, «è stato naturale trovarmi a scrivere una relazione di minoranza». L’ha firmata insieme a Riccardo Dello Sbarba (Verdi). Un politico e un tecnico. «Non sono una politica, infatti»: lo sottolinea, perché sarebbe figlia e sorella d’arte. Sia il padre Armando che il fratello Giovanni Polonioli sono stati sindaci di Laives. La abbiamo incontrata.

All’inizio della Convenzione si era immaginata come autrice di una relazione di minoranza?

«Certamente no. Ho creduto nella Convenzione come metodo partecipato di immaginare la nostra “nuova” autonomia, 45 anni dopo lo Statuto».

E invece ha scoperto che la nostra provincia è diversa, più arrabbiata e divisa rispetto a come la percepisce? È una professionista, vive nel capoluogo in una condizione privilegiata.

«Dico piuttosto che c’è un altro Sudtirolo, rispetto a quello rappresentato maggioritariamente nella Convenzione. La mia vita è diversa, mi muovo tra le due culture. E tanti altri come me. C’è stato un errore nella legge istitutiva della Convenzione».

Perché?

«Perché ne è scaturita una composizione dei 33 che non rispecchia l’”altro” Alto Adige».

C’è stato anche un problema di partecipazione da parte degli italiani e delle componenti progressiste.

«Anche questo. La legge ha agevolato le componenti più organizzate, come la destra tedesca. Ed è mancata una mediazione esterna. Là dentro eravamo tutti portatori di interessi. Gli esperti dell’Eurac non avevano il compito di mediare. Seguo i lavori della Consulta trentina: sono riusciti a mediare di più. Ecco perché non sono d’accordo con il messaggio che viene lanciato ora “la politica ci salverà”. Così la politica avrà l’alibi per dire “vedete, in questa terra la partecipazione non può funzionare”. Aggiungo che la politica provinciale, quando il Konvent ha iniziato a prendere quella piega, avrebbe potuto intervenire e correggere».

Dovevate immaginare l’Alto Adige moderno, avete finito per parlare di autodeterminazione.

«Quel tema non doveva nemmeno entrare nella discussione. Ecco cosa intendo, quando parlo di una gestione sbagliata. Ma l’asse tra destra tedesca e Svp è stato più organico. Inserire nella relazione di maggioranza il riferimento all’autodeterminazione è solo l’esempio più vistoso. I lavori, con agenda dettata dalla destra tedesca e da Luis Durnwalder, hanno spinto su un impianto di autonomia molto spinta, di fatto una autonomia integrale, senza immaginare un processo di democratizzazione interna».

Secondo il presidente della Convenzione Christian Tschurtschenthaler, la Svp riferendosi all’autodeterminazione ha sempre inteso parlare di autonomia integrale.

«Mi sembra un tentativo talmente maldestro, che nessuno lo sta prendendo sul serio. Non è possibile equivocare, visto come è stato scritto il richiamo all’autodeterminazione. E nei lavori mai la Svp ha fatto questo distinguo. Non si deve essere ambigui su un tema simile».

Nella vostra relazione di minoranza parlate di scuola, diritto di voto, più poteri ai Comuni, convivenza.

«La relazione di maggioranza punta su un elenco di nuove competenze. Bene, ma manca tutta la parte dell’autonomia interna, che doveva essere l’altro corno del lavoro. Le nostre proposte sono ragionevoli».

La scuola mista facoltativa.

«Perché no? È un sogno di tanti. Ho iscritto i miei figli nelle sezioni plurilingui della scuola italiana. Sarebbe stato più facile iscriverli alla scuola tedesca, ma ho voluto rispettare le famiglie sudtirolesi, che danno molta importanza alla scuola nella madrelingua. Garantiamo una terza via, per chi la desidera».

«Solo» un anno di residenza per poter votare.

«Andreas Widmann della Svp aveva dato uno spiraglio su due anni. Niente. I sindaci Svp avevano chiesto di specificare meglio il trasferimento di poteri. Niente. Non hanno voluto dare alcun segnale di apertura».

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