Convenzione, primo round secessionista

La destra tedesca è arrivata in massa all’Eurac e ha “dettato” gli argomenti. Il gruppo italiano in difficoltà


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Ore 9.30. L'inizio della convenzione sull'autonomia ha le facce del primo giorno di scuola. Atrio pieno, i prof sono quelli dell'Eurac che aprono i registri delle iscrizioni, aria di attesa. Ci sono Kompatscher, Widmann, Bizzo.

«Siamo almeno 300»: dicono i "moderatori". Buona la prima. Ore 11.30. Sembra passato un'anno. Licia Brion, ex assessora a Merano, Chiara Pasquali, Michele Stramandinoli, Gianni Lanzinger escono dall'aula 2.

«Ragazzi , non la vedo bene. Ci sono gruppi organizzati. Alzavano la mano in continuazione. Tutti a parlare di autodeterminazione da inserire nello Statuto». Ci credo. Il tema che si discuteva in aula ("numero 2") era "Selbstbestimmung". No, sarà solo un caso... Dall'altra parte del corridoio, però, arriva Luisa Gnecchi, non una di Casapound. La deputata ha gli occhi dei giorni migliori: «Ho paura che qualche gruppo abbia preparato bene la cosa. Mi sembrava un dibattito di 30 anni fa...». Poi capita nell'atrio Urzì. È reduce da un'altra aula.

Gli Schützen. «Dobbiamo capire - dice il consigliere di Alto Adige nel cuore - cosa succederà d'ora in avanti. Perché se a Bolzano il primo ad alzare la mano nel mio gruppo è stato il responsabile della comunicazione degli Schützen non oso pensare quando gli open space si trasferiranno a Brunico...».

E allora sarà meglio scorrere il programma (autodeciso dagli autocandidati come democrazia diretta comanda) esposto in sala. Prima ora, ecco i temi del dibattito: "autodeterminazione", "toponomastica e nomi dei luoghi", "difesa dei gruppi", finalmente "scuola bilingue", per chiudere con "autonomia anche nello sport".

Tema che odora di divise sudtirolesi alle olimpiadi. Un po' di respiro dai gruppi delle ore pomeridiane, già elencate nel grande tabellone centrale: identità, autodeterminazione (questa volta scritto in italiano), interesse pubblico, competenze, proporz, anche un invitante "gabbie etniche" probabilmente proposto dal duo Dello Sbarba-Foppa presente fin dall'inizio. Ma per concludere con Vollautonomie e Vaterland. Dello Sbarba è curioso. Andrà a quest'ultimo gruppo: «Voglio vedere che patria sarà...».

Ore 12.30, pausa. Come a scuola. Compaiono vassoi di salame ungherese. Ma i più tornano a casa. Da questa prima giornata del percorso per la convenzione di riforma dello Statuto arrivano due indicazioni.

Il dibattito. La prima. È stata una novità assoluta. Una cosa mai vista. E dunque positiva. L'Eurac ha strutturato il dibattito con grande attenzione alla libertà d'iniziativa individuale. Un banco accettazione in cui ogni cittadino poteva affacciarsi, proporre la sua candidatura e nel contempo, anche il tema da dibattere. Poi l'Eurac prendeva in consegna ogni tema, lo riordinava insieme agli altri e assegnava un'aula in cui dibatterlo. La seconda indicazione è più problematica. E profondamente politica.

Dice Roberto Bizzo: «Il fatto stesso di discutere della nostra autonomia senza formalismi è positivo. Certo - aggiunge il consigliere provinciale Pd- c'è chi si è organizzato bene. Ma tornare consapevoli che non viviamo in una società post-langeriana, bensì in un luogo a forte vocazione identitaria può essere una buona botta di realismo. Questi siamo».

Perché la sensazione è che chi si è organizzato abbia buone possibilità di indirizzare il dibattito. E chi si è organizzato bene è stata, a naso, la destra tedesca, soprattutto di valle, piovuta all'Eurac in forze. Moltissimi volti sconosciuti. Ai bolzanini naturalmente. Gli italiani presenti, invece, tutti noti alle cronache. Arco costituzionale rappresentato dalla Lega alla sinistra. E tutti trasversalmente preoccupati dalla deriva che sembra aver preso questa prima fase "dal basso". Riflette Chiara Pasquali: "Sono stata un'ora a tentare di intrufolarmi in un dibattito in cui la principale preoccupazione degli intervenuti era: come inserire l'autodeterminazione nella carta statutaria. No, mi sono detta, ho passato 30 anni inutilmente! Noi che pensavamo di abbattere sbarre di confine e adesso, all'Eurac, devo sentire solo gente che le vuole rialzare...».

La selezione. Getta acqua sul fuoco Elisabeth Alber, una delle ricercatrici Eurac autrice del format di ascolto: «Questa è la fase dell'autopromozione. Ci si candida a partecipare al Forum dei 100 che poi selezionerà gli otto da inserire della Convenzione dei 33. Lì la formazione sarà più filtrata: dalla politica e dalla società civile. Anche i temi, che oggi sono liberi, saranno selezionati». Ma lo saranno proporzionalmente. E l'obiezione arriva subito da Luisa Gnecchi: «Vorrei ci fosse stata più pariteticità che proporz. Ogni idea doveva avere pari dignità anche numerica in una fase costituente come questa».

Perché poi a decidere della bozza di riforma da presentare a Roma sarà il consiglio provinciale. Aggiunge la Pasquali: «E poi, perché qui non c'è anche Trento? Sarebbe stato interessante. E avrebbe riequilibrato la presenza massiccia di Schützen...». Poi ancora Bizzo: «Il gruppo italiano non è molto presente? Mah, la democrazia dal basso non è mai stato il nostro forte. Non è un caso che in Italia i referendum non raggiungano quasi mai il quorum».













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