TRAGEDIA ZERMATT - IL TESTIMONE

"Così ha visto gli amici perdere le forze e sdraiarsi nella neve"

Tommaso Piccioli, il sopravvissuto, ha raccontato il dramma ad alta quota a Stefano Miserotti, direttore della Scuola di sci alpinismo del Cai di Bolzano. "Sta bene. Fatica a credere a quello che è successo. Ha detto che prima d'ora non sapeva cosa fosse l'inferno"



BOLZANO. Il vento che soffia a 50 chilometri orari a 3150 metri di altezza, una frusta gelida. Non un riparo sulla forcella, in mezzo alla tormenta. L'unica via d'uscita, l'unica luce da cercare nel tunnel di neve e ghiaccio, continuare a muoversi, parlare con i compagni, fare di tutto per cercare di evitare che il corpo perda calore, che le forze vengano meno. Che ci si lasci andare, sedendosi nella neve, poi sdraiandosi e addormentandosi in un sonno che si trasforma in una morte bianca.

Tommaso Piccioli ce l'ha fatta, i suoi tre amici no. L'architetto bolzanino faceva parte della comitiva partita giovedì per la scalata della Haute Route Chamonix-Zermatt composta anche da Marcello Alberti, da sua moglie Gabriella Bernardi e da Elisabetta Paolucci. Dopo la tormenta è rimasto solo lui. Ha cercato di farli parlare, di tenerli svegli. Ma li ha dovuti lasciare andare, nella neve e nel gelo.

Stefano Miserotti è il direttore della Scuola di sci alpinismo del Cai di Bolzano, della quale facevano parte i quattro alpinisti altoatesini. Ha parlato con Tommaso, questa mattina: "L'ho sentito poco fa - dice -: sta bene. Fa fatica a credere a quello che è successo. Ha detto che non sapeva cosa fosse l'inferno fino all'altro giorno".

La comitiva si era congiunta ad altre. "Erano tutti insieme, seduti per affrontare la notte. Non c'era materialmente un posto dove trovare riparo, a 3 mila metri, su una forcella... A quell'altezza, se la temperatura è di zero gradi, con il vento a 50 all'ora ne percepisci meno venti. L'unica cosa da fare era muoversi, per far circolare il sangue e mantenere il calore corporeo. Lui ha cercato di restare sveglio e parlare con chi gli era vicino".

Riuscire a sopravvivere: l'unico pensiero. Per gli amici non ha potuto fare molto. "In mezzo a una tormenta è difficile pensare agli altri", spiega Miserotti. "Tommaso ha cercato di rincuorare tutti, di farli stare svegli, di farli muovere. Ma qui è facile parlare, lassù il cervello ha meno ossigeno".

Ha dovuto rassegnarsi. "Col passare del tempo vedeva le persone che prima erano sedute, sdraiate nella neve. Ma lui non poteva fare niente per loro. Se ci sono dei modi per intervenire? No, anche se ti ci sdrai sopra non puoi scaldarle. Ci vuole un luogo riparato dove stare".

Stefano Miserotti ha un tono fatalista: E' stata una tragedia della montagna. Si sono trovati nel luogo sbagliato nel momento sbagliato. Con il senno del poi forse si sarebbe potuto fare diversamente. Ma il professionista che era con loro e li accompagnava sicuramente avrà fatto le sue valutazioni e tutto il possibile perché quello che è avvenuto non accadesse. Il fatto è che il rischio zero in montagna non esiste: alle volte va bene, altre meno... Tragedie simili possono capitare a tutti, anche ai più esperti".

Gabiella, Marcello, Elisabetta e Tommaso: persone amiche, quasi di famiglia. Perché la montagna sa creare legami forti. "Li conosco da una decina di anni", racconta Miserotti. "Avevano fatto i corsi di sci alpinismo - base e avanzato - con noi e venivano sempre alle gite sociali".

L'ultimo contatto il giorno prima della tragedia. "Ci sentivamo tutti i giorni via Whatsapp, perché avremmo dovuto andare anche noi in Svizzera, proprio in questi giorni, con una gita sociale. In un'altra zona: quella dell'Oberland e dell'Eiger. Ma poi abbiamo deciso di annullare tutto a causa del meteo. Loro erano partiti giovedì e sarebbero dovuti tornare domani. Due giorni fa, quando ci siamo scritti, erano felicissimi: di quello che stavano facendo e del tempo, che era bello. C'era il sole, poi è arrivata questa perturbazione...".

Difficile trovare le parole per raccontare chi erano Elisabetta, Gabriella e Marcello. Miserotti trova queste: "Loro erano la passione e l'amore per la montagna".

 













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