Il caso

«Costretta a cambiare casa. La Provincia non mi aiuta»

Natascia Carrossa, 55 anni, pensione di invalidità e reddito al minimo vitale. «Abito in un alloggio di proprietà al terzo piano. Nessun contributo per cercarne un altro»


Valeria Frangipane


BOLZANO. «Devo andarmene di casa. Costretta a vendere perché non ho l'ascensore e non si può mettere un montascale. Sono disabile e sto cercando un nuovo appartamento, dovrò acquistare una cucina, adattarla alle mie esigenze, e rifare per lo stesso motivo anche il bagno. Ma ho scoperto, purtroppo, di non avere accesso ad alcuna sorta di mutuo o di contributo provinciale. Racconto la mia storia, che sarà anche quella di altre persone nelle mie condizioni, perché la legislazione deve cambiare. Deve trovare il modo per venirci incontro».

Natascia Carrossa, 55 anni, due figli grandi (studenti maggiorenni), pensione di invalidità e reddito al minimo vitale, abita al terzo piano di un edificio di 65 metri quadrati di via Bottai. «Acquistato - racconta - quando stavo ancora bene. Poi sei/sette anni fa la sclerosi multipla. Ultimamente le mie condizioni si sono aggravate, non riesco più a camminare e quando devo uscire di casa per superare le scale mi portano in spalla. Sto cercando un nuovo appartamento, in periferia o fuori dal comune di Bolzano. Qui ero molto comoda, negozi e tutto quel che mi serviva vicino ed a portata di mano. Però comunque se dovrò adeguarmi lo farò».

La malattia si è fatta precedere da un'artrite psorasica. «Avevo male a tutte le giunture e dopo due anni di cura faticavo a camminare. Era chiaro che c'era dell'altro. Una visita privata in ospedale dal neurologo - impossibile accedere a quella “normale” visti i lunghi tempi di attesa - ha avanzato una prima diagnosi poi, purtroppo, confermata dagli esami. Avevo 48 anni. Ho dovuto rivedere e ricalibrare la mia vita, anche quella lavorativa. Ero impiegata come geometra in uno studio di ingegneria a Terlano finché ha chiuso per cessata attività. Il Covid e l'essere bloccata a casa ha dato agio alla malattia. Ad un certo punto ho lasciato».

E l'appartamento è diventato una prigione. «Ne sto cercando uno nuovo, ma non è facile. Il mio è valutato bene, circa 380 mila euro, ma con la stessa cifra devo acquistarne un altro, pagare tutte le spese accessorie e arredarlo per poterci vivere e girare in sedia a rotelle. Con i prezzi di Bolzano la ricerca è veramente difficile. Speravo che la Provincia mi sostenesse con un mutuo, dopo tutto sono invalida al 100% e abito una casa per me non più accessibile, ma non è così». Niente mutuo dunque e niente contributi. «Mi sono informata e mi dicono che no, non ne ho diritto perché l'avevo già utilizzato per comprarmi la casa. Io ribatto che è vero, è successo ma che mi vedo costretta al cambio. Allora chiedo di poter accedere ad una qualche altra forma di contributo».

E la burocrazia si è messa di traverso. «Scopro che l'alloggio in cui vivo con i miei figli è “inadeguato”. Perché per accedere a un qualche fondo serve che l'appartamento sia inferiore a 58 metri netti calpestabili. Dopo dettagliate misurazioni effettuate dai tecnici comunali - e ci sono voluti mesi - risulta che sono sotto i 58. Ho pensato tra di me “....bene, l'alloggio per tre persone è inadeguato, mi daranno un contributo”. Ma non è stato così. Siccome nel 2023 mio figlio aveva lavorato per un breve periodo e preso 4 mila e 120 euro - e che sopra i 4 mila euro non è più considerato “figlio a carico” - niente aiuto. Vi sembra corretto? Penso che il problema non siano solo le leggi che vanno rispettate ma una certa flessibilità per capire, caso per caso, come applicarle al meglio nel rispetto delle singole persone. Perché se la malattia debilita, la burocrazia uccide».













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