L'intervista

«Covid, l’economia riparte più flessibile e più tecnologica» 

Federico Giudiceandrea, presidente di Wirtschaftsring - Ea: «L’emergenza ci ha costretto ad accelerare sulla digitalizzazione. Ciò comporta una serie di vantaggi: meno viaggi e costi, più efficienza»  


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Il turismo, il commercio, la ristorazione hanno sofferto parecchio ed è giusto che questi settori vengano sostenuti. Il comparto industriale invece - fatta eccezione per una settimana nel 2020 - ha sempre lavorato, evitando così di perdere fette di mercato. Risultato: molte aziende in Alto Adige stanno uscendo dalla pandemia più forti di prima». Una di queste è la “Microtec” di Bressanone, fondata da Federico Giudiceandrea, presidente di Südtiroler Wirtschaftsring-Economia Alto Adige.

Questa maggior forza da cosa sarebbe data?

Innanzitutto, dall’accelerata fortissima che ha avuto la digitalizzazione di diversi processi anche industriali.

Lei parla bene perché la sua azienda è una “nativa” digitale.

È vero, ma lo tsunami provocato dalla pandemia a livello mondiale, ha imposto di fare subito quello che molte aziende, non solo la mia, avevano già in programma. Le innovazioni introdotte saranno mantenute anche adesso che si sta tornando lentamente alla normalità.

È possibile fare qualche esempio?

Prima che la pandemia imponesse il blocco delle frontiere e costringesse quasi tutti gli Stati ad adottare una serie di restrizioni, i nostri tecnici giravano il mondo per andare ad installare i macchinari e fare manutenzione. Dalla fine di febbraio del 2020, tutto è cambiato e siamo stati costretti ad accelerare i processi di digitalizzazione. Per cui il macchinario viene messo in moto da remoto; il nostro personale si interfaccia online con il committente; anche l’addestramento del personale si fa a distanza.

Tradotto in pratica significa: meno viaggi, meno inquinamento, meno costi.

Non c’è dubbio. E questo per un’azienda come la nostra che punta sull’export, significa un importante risparmio. Se prima dovevo installare una nuova apparecchiatura in Australia, bisognava inviare sul posto un ingegnere e un tecnico che rimanevano lì più giorni. Adesso non è più così e non lo sarà neppure in futuro.

Significa che il contatto umano; il vedersi con il cliente per discutere un affare faccia a faccia, non sono più così importanti?

Nessuno ha detto che non lo siano. Lo sono eccome. Però bisogna dire che, rispetto all’inizio, abbiamo video ad alta risoluzione, per cui anche la discussione online diventa più “vera”. Oggi praticamente tutte le conferenze e le riunioni si fanno online. Ed è tutto più facile e flessibile. Abbiamo visto che se necessario si può lavorare anche in smart working, senza nulla togliere al lavoro in presenza, fatto anche di due chiacchiere e un caffè con i colleghi.

Scusi, anche le fiere hanno subìto prima un lungo stop e poi una drastica riduzione. Come fate a presentare i prodotti?

Abbiamo creato un reparto che si occupa dell’interazione con i clienti; e stiamo predisponendo una sala in cui i nostri prodotti vengono presentanti come su una specie di set cinematografico. Nulla è lasciato al caso; tutto viene studiato nei minimi dettagli. Il cliente può ricevere tutte le informazioni che vuole su un determinato prodotto, senza doversi spostare.

Più tecnologie, meno personale.

Guardi il problema non esiste in Alto Adige, dove non si riesce a trovare il personale.

Altre “lezioni” dalla pandemia?

Sì, una importantissima. Quello che è successo ci ha fatto capire che il decentramento di produzioni come quelle dei microprocessori, oggi in mano di Cina e Taiwan, è ad alto rischio in particolare in caso di crisi, come quella che abbiamo vissuto in questi due anni. Per questa ragione sono già partiti forti investimenti per riportare in Europa certe produzioni: quelle dei microprocessori è una di queste.

Alla fine però chi compra guarda il prezzo e i prodotti che arrivano da Cina e Taiwan potrebbero essere più competitivi.

È vero che finora si è sempre dato grandissima importanza al prezzo. D’ora in poi, si privilegeranno i fornitori che dimostrano di essere più resilienti in caso di crisi e hanno la produzione in Europa.

Cosa pensa del movimento no-vax al quale aderiscono circa 300 imprenditori riuniti in assemblea nei giorni scorsi a Cortaccia?

Io credo nella scienza. I numeri, dicono che i vaccini ci stanno portando fuori dalla pandemia. Il resto sono chiacchiere da bar.

L’esplosione dei prezzi dell’energia preoccupano aziende e famiglie.

Preoccupa inevitabilmente tutti. La strada comunque è tracciata; bisogna passare dall’energia fossile alle rinnovabili. Ma più ancora del costo dell’energia, mi preoccupano in venti di guerra che arrivano dall’Ucraina. Si rischia di andare incontro a conseguenze catastrofiche: una guerra nel cuore dell’Europa.

Sono già scattate le sanzioni contro la Russia.

Evidentemente non si può accettare che la Russia invada l’Ucraina, però bisogna stare attenti anche con le sanzioni. Perché alla fine a farne le spese non è solo Putin, ma anche noi.













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