Crisi, le famiglie bussano alle parrocchie

Allarme all’assemblea con la Caritas, il 50% delle richieste di aiuto arriva da altoatesini. «Padri costretti a vivere in auto»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. «Il 50% dei nuovi poveri è costituito da famiglie altoatesine, i cui componenti sono nati e cresciuti qui. Stiamo parlando di italiani, tedeschi e ladini e non di immigrati. Che per arrivare a fine mese bussano alla porta delle parrocchie»: a lanciare l’allarme sono Gianfranco Ferri e Pio Fontana, intervenuti ieri alla «Giornata diocesana» organizzata dalla Caritas, a cui hanno partecipato i rappresentanti di 281 comunità altoatesine. Ieri la Casa Kolping era gremita in ogni ordine di posti, soprattutto di volontari, desiderosi di scambiarsi esperienze ma anche di capire come affrontare le principali emergenze sul territorio. «Le Parrocchie, da sole, non riescono a fare fronte a tutti i casi più e meno critici. Per venire incontro a chi ha bisogno bisogna mettere in gioco paesi interi. Io, a Vipiteno, - racconta Ferri - lavoro con 25 volontari e molti di loro non vengono nemmeno in chiesa. Ma sono ovviamente ben accetti». Talvolta chi non riesce ad arrivare a fine mese ha alle spalle anche problemi di dipendenza. In altri casi si tratta di famiglie sfasciate, come sottolinea il direttore della Caritas Pio Fontana. «La durata media di una coppia in Alto Adige è scesa a 10-15 anni. Oggi per molti la separazione è una cosa quasi naturale, ma soprattutto i padri non si rendono conto di cosa significhi rompere con moglie e figli. E non hanno nessuno accanto che li metta in guardia. Poi, per pagare gli alimenti, sono costretti a dormire in macchina». La crisi della famiglia, almeno nel senso tradizionale del termine, è testimoniata anche dai dati sui battesimi. «In un paesino della Venosta ne sono stati celebrati 13 e c’era una sola coppia sposata». Tornando all’aspetto economico è bene ricordare che solamente Bolzano per i sussidi spende oltre 25 milioni di euro l’anno. «Ma non è solo erogando prestazioni economiche - precisa Fontana - che si riesce a cambiare le cose. Ci sono giovani di 30 anni che dipendono dai servizi sociali da almeno dieci e riescono a tenere i lavori che faticosamente trovano solo per pochi mesi. Manca progettualità e tocca a noi riuscire a sfruttare meglio le sinergie tra pubblico e privato e ridare speranza». Nel pomeriggio la Caritas ha presentato i suoi cinque macro-temi, per concretizzare i quali serve l’apporto di almeno 3 mila volontari. «Novecento - spiega Guido Osthoff - sono impegnati in attività legate alle Parrocchie, altri 900 collaborano con i vari servizi e oltre 3 mila sono in prima linea nella raccolta dei vestiti». Per reclutarne di nuovi è stato attivato anche il sito web www.borsavolontariato.it. Si è parlato, poi, della campagna di sensibilizzazione «La fame non va in ferie», del servizio visite della Caritas parrocchiale soprattutto ad anziani e casi critici, dell’iniziativa «72 ore senza compromessi» per reclutare i giovani e di «Mano libera», il cui obiettivo è dare aiuto e lavoro ai profughi, costretti spesso a vivere isolati a causa dei pregiudizi. La giornata si è conclusa con la Messa del vescovo Muser che ha colto l’occasione per ringraziare i volontari. «Il vostro impegno quotidiano nelle Parrochie è un segnale della vostra fede».

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