Curati 6 mila pazienti in quindici anni

Ci sono malati di gioco (il 57% si riprende) e alcolizzati ma anche chi soffre di disturbi affettivi, ansia e disturbi compulsivi


di Massimiliano Bona


RODENGO. Bad Bachgart, una delle strutture di eccellenza della sanità altoatesina, nel cuore della val d’Isarco, compie 15 anni. Questo anniversario è l’occasione per fare il punto sul numero di pazienti curati: ben 6 mila. «Nel settore delle dipendenze non vengono trattati solo pazienti che abusano di alcol, ma anche persone che non riescono a fare a meno dei farmaci o che soffrono di dipendenze multiple». Tra i fenomeni emergenti c’è il gioco d’azzardo, una piaga sociale per la quale i trattamenti sono stati modificati, o meglio affinati. «Il 57% dei pazienti curati a Bad Bachgart per problemi di dipendenza dal gioco riesce a ritrovare stabilità e a condurre nuovamente una vita normale»: è questo uno dei dati più significativi della studio effettuato dall’Università di Innsbruck su 100 pazienti ricoverati negli ultimi anni nel Centro d'eccellenza dell’Euregio. La dottoressa Doris Thaler, che lavora a Rodengo, ritiene fondamentale restare in contatto almeno due anni con i servizi ambulatoriali dopo le 8-10 settimane di cura. Nell’ambito della psicosomatica sono state poste le basi per il trattamento dei disturbi affettivi, dell’ansia e dei disturbi compulsivi, ma anche per la terapia dei disturbi della personalità, dei sempre più frequenti disturbi da stress post-traumatico ma anche dei diversi disturbi alimentari, altro fenomeno crescente. «La decisione di curare dipendenze e quadri clinici che riguardano disturbi psichici e psicosomatici sotto lo stesso tetto si è consolidata nel corso degli anni e, grazie ai numerosi feedback positivi, possiamo dire che si è trattato di una decisione giusta e innovativa», sottolinea con soddisfazione il dottor Helmuth Zingerle. «I nostri pazienti sono o erano alla ricerca di qualcosa: di sé stessi, del senso della vita, della libertà, ma anche della guarigione, della felicità e della soddisfazione, della vitalità o semplicemente alla ricerca di un riconoscimento e del senso di appartenenza», conclude Zingerle.

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