Cure palliative, manca una struttura

Il medico Bernardo, fondatore del servizio : «Siamo penultimi in Italia. Ogni anno abbiamo 2.000 malati»


Valeria Frangipane


BOLZANO. «Bolzano non ha una struttura per seguire i malati terminali che sono tra i 1.600 ed i 2.000 l'anno e manca di una rete di assistenza domiciliare sul territorio». Massimo Bernardo, fondatore e responsabile del Servizio cure palliative dell'ospedale lancia un appello: «Non perdiamo altro tempo». Il medico ha un pensiero limpido: «Penso che i malati terminali abbiano il diritto di vivere gli ultimi mesi e gli ultimi istanti della loro vita senza soffrire. Lavoro a questo con tutta la mia equipe ma abbiamo bisogno di una struttura adatta. Pochi posti letto non fanno un hospice». E oggi - tra il resto - c'è la legge 38 che parla chiaro e garantisce l'accesso alle cure palliative ed alla terapia del dolore che diventano così diritto di ogni cittadino. «Diritto che dobbiamo essere in grado di offrire anche se nei fatti - ripeto - il capoluogo manca di un hospice e in tutto l'Alto Adige esiste solo il Martinsbrunn di Merano. Nella graduatoria nazionale siamo penultimi per strutture dedicate. Peggio di noi riesce a fare solo la Campania». Il medico e venti associazioni di volontariato riunite ne "Il Papavero" sotto la presidenza di Ingrid Dapunt - che in pochi giorni ha già raccolto tremila firme - chiedono ai vertici dell'assessorato ed all'Asl soluzioni rapide e ricordano come non ci sia altro tempo da perdere. Il sindaco Luigi Spagnolli - tra i primi soci de "Il Papavero" - parla di problema reale: «Ne ho parlato più volte con l'assessore Theiner. Abbiamo tre possibilità ma al momento non posso dire altro». E negli ultimi mesi tra i corridoi delle Cure palliative del San Maurizio si è parlato, più volte, di un possibile interessamento della famiglia Podini alla realizzazione di un hospice. Così Bernardo: «Non mi permetto di fare pressione ma sarebbe la soluzione migliore. Nel resto d'Italia parecchie strutture simili sono state realizzate insieme da Asl e privati o solo da fondazioni private». Così l'imprenditore Giovanni Podini: «Era una cosa di cui non volevo parlare ma non voglio evitare il problema. Diciamo che da un anno a questa parte aiuto alcuni malati terminali. Sto vicino a loro come posso, non sono un medico o un infermiere ma so stringere una mano e parlare. E proprio stando con loro ho capito che a Bolzano manca un hospice e posso dire, ma con questo non voglio creare false aspettative, che uno degli obiettivi della Fondazione Podini e della famiglia tutta potrebbe essere quello di creare nei prossimi cinque anni un hospice a Bolzano». Ma cos'è, nel concreto, un hospice? «Qualcosa - dice Ingrid Dapunt - che sta tra l'ospedale e casa propria. Quando il malato terminale non può più stare a casa diventa fondamentale disporre di una struttura che assomigli ad una casa ed all'interno della quale il paziente riceva le cure di cui ha bisogno. Nel corso degli ultimi dieci anni nella maggior parte delle regioni italiane sono stati realizzati più di duecento hospice e istituite centinaia di equipe per l'assistenza domiciliare utilizzando i finanziamenti messi a disposizione dal ministero della salute integrati da quelli di organizzazioni non-profit o enti religiosi e l'Alto Adige non ha fatto nulla». A dire il vero il presidente Durnwalder a proposito di Riforma clinica spiega come l'ospedale di San Candido si prepari in futuro a specializzarsi in terapia del dolore. Ma Bernardo spiega che una cosa sono le cure palliative, un'altra la terapia del dolore e ribadisce come l'hospice serva a Bolzano. Sulla questione interviene anche l'ex assessore alle politiche sociali Mimma Battisti che lancia accuse durissime:. «La nostra Provincia sembra arrancare di fronte al tema della morte. In questo momento a Bolzano ci sono duemila persone che hanno bisogno di cure palliative, ed il 96% di esse soffre di patologie oncologiche; il 45% muore in ospedale, il 40% in case di riposo e solo il 10% a casa».

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