Dalle macchine all’agritur Generoso vulcano di idee 

In vala di Gresta aveva lanciato Maso Naranch con l’amico Lorenzo Benoni: «Se avevi bisogno di lui c’era, sempre». Lascia la moglie e due bimbe piccole



TRENTO. Spalle larghe, alto, chioma fluente: un “tipo” che si faceva notare per l’aspetto fisico e che quando conoscevi di persona svelava un grande carisma. Un carattere vulcanico, pieno di progetti e passioni: di quelli che sapevano divertirsi in campagna (sua grande passione) a scorrazzare con il trattore come alla festa nel locale di grido con lo smoking. L’entusiasmo era lo stesso. La voglia di vivere il suo segno distintivo: “Ferro”, come gli amici chiamavano Ferruccio Faggioni Sella, era un compagnone e un trascinatore unico, ma non certo il leader narciso che pensava solo a se stesso. L’opposto: «È l’unica persona che conoscessi pronta a dare una mano sempre: bastava chiamarlo e se avevi bucato una gomma a Modena veniva subito», dice Lorenzo Benoni, di Trento, che lo conosceva da una vita. «Fra tutti gli amici - aggiunge - se ne è andato il più buono». Ferruccio Faggioni Sella aveva 52 anni: nato e vissuto a Trento, abitava da tempo a Levico, con la compagna Francesca Anelli, dipendente di Trentino Trasporti, e le loro due figlie di 6 e 8 anni. «Da bambini passavamo tutte le estati in val di Gresta e ci si incontrava sempre», continua Benoni, ex agente immobiliare e oggi titolare di un agritur a Pannone, Maso Naranch, che è fra i più belli del Trentino, con la sua terrazza sul Garda mozzafiato. «Lo avevamo comprato assieme, io e Ferro. Poi però lui aveva scelto di continuare la sua attività di sempre, nell’azienda che commercia prodotti per parrucchieri assieme al socio Mario Dalcolmo, e ci siamo un po’ persi di vista».

Una scelta di vita che non aveva però interrotto l’amicizia: «Ogni tanto capitava e chiedeva se avevo bisogno di una mano...». L’agricoltura era una delle sue mille passioni: «Amava le auto e le moto, purché fossero vecchie: ricordo che aveva una campagnola bellissima e una cassonata degli anni 50. Tutti mezzi che usava, non è che li tenesse in vetrina. Si dava da fare anche con il tornio e il trapano. Ma dal trattore passava alla festa in discoteca, elegantissimo. Ha sempre lavorato come un dannato, però sapeva godersela. Aveva una grande vitalità: non l’ho mai visto con il muso. A Trento il Ferro lo conoscevano tutti. L’unico dispiacere è di non essere riuscito a salutarlo con un po’ di tempo per fare una chiacchierata, senza fretta».

Un altro amico, che fa l’avvocato ma preferisce non essere citato, ricorda quanto Ferruccio fosse una persona speciale: «Solare, positivo, vulcanico, con un’energia da vendere che usava per aiutare chi aveva bisogno, dal primo all’ultimo. Lui c’era sempre. Negli ultimi tempi si era dedicato anche alla mensa dei cappuccini: tutti lo tiravano per la giacca e non lo ho mai visto dire di no a qualcuno». Alla fine è stata proprio una delle sue grandi passioni a tradirlo: i motori. «È morto in auto. Una beffa del destino».(l.m.)













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