Debutta «Archimod» il Museo-officina di idee

L’edificio di via Giotto è stato ridisegnato e ristrutturato dall’architetto Lucchin Ospiterà plastici, lucidi, foto, progetti di ciò che è stato costruito in Alto Adige


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Lunedì l'Eurac presenterà una sua ricerca. Riguarda la Zona. E ha un titolo che è tutto un programma: «Da non luogo a officina delle idee: il futuro della zona industriale di Bolzano». Ma un po' di questo futuro è già adesso. Perché la notizia è che lì in mezzo, in quella porzione di città sospesa tra vecchie e nuove attività produttive, a metà strada tra quello che c'era anche di brutto e quello che potrà esserci di bello, sta per aprire un nuovo museo. E dunque ecco l'"officina". Perché Archimod, questo l'acronimo del museo (l'archivio dei modelli di architetture), sarà una piccola Triennale altoatesina e conterrà, appunto, plastici, lucidi, fotografie, progetti di tutto quello che è stato costruito di notevole in Alto Adige dagli anni Settanta ad oggi, ma sarà anche il luogo del confronto su quello che verrà, uno dei laboratori della Fondazione architettura, centro di possibili dibattiti e di ricerca sul campo. È finito. Anche arredato. E dunque sarà inaugurato tra poco, con buona probabilità entro maggio.

L'assessore sta decidendo in questi giorni la data precisa. Questo via libera è uscito ieri da un vertice tra i funzionari della ripartizione edilizia e lo studio di Claudio Lucchin, l'architetto che lo ha ridisegnato. Perché l'edificio c'era già, in via Giotto. Lì dal 2000. Poi, nel 2007, la Provincia ha deciso di ristrutturarlo e ridestinarlo. Lucchin ha voluto caratterizzarlo "architettonicamente" con un cubo nero su un pavimento trasparente. Un richiamo al percorso che ha compiuto molta della nostra architettura in questi ultimi quarant'anni, riuscendo a produrre opere e progetti che ci hanno fatto transitare da un linguaggio alpino, alpestre e comunque vernacolare all'attuale modernità costruttiva, al rigore delle linee e alla pulizia delle nuove costruzioni che hanno fatto dell'Alto Adige un unicum nel panorama nazionale. Proprio per questa capacità di coniugare in senso contemporaneo lo spirito dei luoghi e la loro cultura con le nuove sensibilità e i materiali innovativi.

«Ci sarà un piano di almeno mille metri quadri che conterrà l'archivio - anticipa il progettista - e un altro, più piccolo, dove sarà possibile ospitare mostre, convegni, dibattiti». Due funzioni complementari per quello che dovrà essere un museo aperto. Al dialogo e all'innovazione. Una officina delle idee. Contenitori trasparenti daranno la possibilità di stare dentro i progetti, osservandone da tutti i lati plastici e modelli. Che sono il prodotto di centinaia di concorsi pubblici. Di inventiva e di fatica, della grande potenzialità innovativa di quella "lunga linea grigia" di progettisti, da Zoeggeler a Calderan, da Baldi a Piller a Lucchin e a tantissimi altri che si sono cimentati con le grandi opere. Perché è stato soprattutto l'ente pubblico e le sue risorse a far da motore a questo sviluppo progettuale. Nel museo si potranno verificare gli step costruttivi e le cornici di concorso di tanti edifici che oggi fanno parte del landscape bolzanino e altoatesino.

Dalle scuole, come quella ipogea dei Cappuccini, ai giardini di Trauttmansdorff, al liceo Carducci, al Museion d'arte contemporanea. In città e nel territorio. A costituire quella rete della modernità architettonica che è stata una delle caratteristiche del processo innovativo e economico della provincia. Dentro questa cornice generale, c'è poi, come detto, l'immissione di questa “cellula" culturale nella Zona. Che, nonostante le resistenze, sta trovando proprio attraverso iniziative come Archimod, un futuro di riconversione anche sociale.













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