«Differenze enormi con le altre regioni»

BOLZANO. È tutta una questione di differenze. Così Sergio Rizzo, vicedirettore di Repubblica, autore di libri-inchiesta sull’Italia dei privilegi, a partire dal più famoso «La Casta», firmato con...



BOLZANO. È tutta una questione di differenze. Così Sergio Rizzo, vicedirettore di Repubblica, autore di libri-inchiesta sull’Italia dei privilegi, a partire dal più famoso «La Casta», firmato con Gian Antonio Stella, interpreta i risultati dell’indagine sulla percezione dell’Alto Adige. Lo abbiamo intervistato telefonicamente.

Buona amministrazione e gerani alle finestre non sembrano sufficienti. Al resto d’Italia l’Alto Adige appare come una terra straniera, abitata da arroganti.

«Non ci si può stupire dei risultati dell’indagine. È troppo grande la forbice tra le regioni ordinarie e i soldi in Alto Adige e in Val d’Aosta, perché il problema non è solo vostro, e in misura minore nelle altre Regioni a Statuto speciale».

Non è sorprendente che l’autonomia speciale di Bolzano venga criticata più spesso della Sicilia?

«Mah, pensiamo alla sanità. Lo Stato in Sicilia può intervenire, mentre la sanità in Alto Adige potrebbe accumulare disavanzi anche imponenti, senza essere commissariata. Ma lo Stato è uno. È evidente che in Alto Adige c’è una minoranza linguistica, ma alla fine questa è la sintesi cui si arriva: ci sono cittadini con diritti diversi. Da quello che mi risulta, in Alto Adige alcune categorie di cittadini hanno diritto al rimborso sulle spese odontoiatriche, in Calabria non funziona certo così. Per non parlare dei contributi concessi all’economia. Non ha caso ci sono Comuni che chiedono di entrare a fare parte del Trentino Alto Adige. La mia opinione è che nel 2018 tutto ciò non possa essere più ignorato».

Cosa intende?

«Dopo la guerra il tema delle autonomie speciali aveva un fondamento. C’era una Sicilia indipendentista, una Sardegna bistrattata, il Friuli Venezia Giulia collocato sulla Cortina di ferro, la Val d’Aosta quasi in regime di supervisione francese e il Trentino Alto Adige che fino alla prima guerra mondiale era Austria. Sono passati più di 70 anni, oggi tutto questo non ha più senso».

In Alto Adige c’è una minoranza linguistica, l’autonomia è sotto tutela internazionale.

«Probabilmente da voi tutto questo regge, ma il Trentino perché? Di fatto è Veneto. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perché il Trentino dovrebbe essere ancora autonomia speciale».

La Provincia prende atto dell’immagine negativa e da lì parte per cambiare la percezione. Missione possibile?

«Non credo. C’è anche tutta la storia dei vitalizi... Serve una ripulita radicale. Ci sono fatti che hanno lasciato il segno, come certi ex politici che rifiutano l’unità di Italia, ma non si fanno scrupolo di intascare un milione dalla Regione. E vogliamo parlare degli stipendi dei sindaci? Come è possibile che il sindaco di un Comune medio dell’Alto Adige guadagni come il sindaco di Milano? Perché sono queste le cifre, vero? Non basta dire “li paghiamo noi”. Se fai parte del medesimo Stato devi bilanciare le minori ricchezze. Altrimenti dichiari che si tratta di una Stato indipendente».

Lei frequenta l’Alto Adige?

«Conosco bene la vostra provincia. L’ho frequentata a lungo anche per le vacanze, venivo a Solda. Io stesso ho percepito la rivendicazione sotterranea di essere diversi, di non essere italiani. Dopo la prima guerra mondiale l’Italia ha preso questo pezzo di Austria, dopo la seconda guerra se lo è tenuto. Capisco il fastidio. Ma la popolazione di lingua tedesca starebbe meglio in Austria, godrebbe delle medesime condizioni? Non credo. E poi, l’Unione europea ha un senso o no? Dovrebbe essere ormai quasi indifferente appartenere a uno Stato o all’altro». (fr.g.)

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