Don Tomasi vicario generale «L’economia ha bisogno di fede»

L’attuale rettore del Seminario, laureato alla Bocconi, da settembre sarà il braccio destro del vescovo Muser pensa all’abolizione del doppio vicariato su base etnica: in futuro sarà uno solo


di Marco Rizza


BOLZANO. Sarà don Michele Tomasi il nuovo vicario generale della Diocesi. Dal primo settembre prenderà il posto di don Giuseppe Rizzi. Don Tomasi, bolzanino di 47 anni, bilingue, è stato prima parroco a Merano (Santo Spirito), poi a Vipiteno e attualmente è rettore del Seminario Maggiore di Bressanone e incaricato dell’insegnamento di Dottrina sociale della Chiesa: manterrà questi ultimi due incarichi anche con la nuova nomina. Il vicario generale è in sostanza il sostituto del vescovo per gli affari quotidiani della Diocesi «per permettere al vescovo - spiega don Michele - di svolgere il suo compito di guida pastorale». Nella Diocesi di Bolzano-Bressanone i vicari generali sono due, uno per la comunità italiana e uno per la comunità tedesca e ladina (oggi quest’ultimo è Josef Matzneller): un tandem che però è destinato a finire. «L’intenzione del vescovo Muser è di avere un vicario unico, come nelle altre Diocesi. È anche l’auspicio di moltissimi sacerdoti. Tra i miei compiti ci sarà anche quello di preparare il passaggio a questa nuova fase. Se sarò io il futuro vicario generale unico? Non è un tema di discussione. Dobbiamo lavorare affinché quando il vescovo vorrà fare il passaggio (e spetta solo a lui decidere quando e per quali motivi) la Diocesi sia pronta».

Don Michele, lei si è laureato in scienze economico-sociali alla Bocconi e si è iscritto in Seminario dopo la laurea. Come nasce la vocazione in un bocconiano?

La volontà di entrare in seminario è maturata negli ultimi anni di università, ma sono sempre stato un parrocchiano, qui a Bolzano. A Milano ho vissuto una bella esperienza di comunità cristiana nel pensionato dove vivevo, insieme a un gruppo di amici. E in contemporanea seguivo la «Scuola della Parola» del cardinal Martini: era magico per la pienezza del messaggio che trasmetteva. In quegli anni ho deciso che avrei voluto insegnare il Vangelo. E che, siccome non avrei avuto le prove di quello che avrei testimoniato, ci avrei messo la caparra della mia vita, dedicandola alla Chiesa.

Come concilia la sua formazione economica «bocconiana» e il messaggio della Chiesa, anche alla luce delle cose che stiamo vivendo in questi mesi?

Il mondo oggi è al 98% regolato dall’economia. Io credo che dobbiamo sforzarci di aumentare lo spazio per le persone. E credo che l’economia non possa essere lasciata così com’è, come se si potesse autoregolare: ha bisogno di etica e di fede e la Chiesa ha un sapere millenario da mettere a disposizione. Per quanto mi riguarda non sono un uomo della finanza, però conoscendola credo di poter insegnare il Vangelo con più aderenza rispetto al mondo contemporaneo e ai suoi problemi.

C’è chi direbbe che quel 2% non ancora regolato dall’economia deve ribellarsi, in qualche forma, al restante 98%...

In questo momento sto parlando al cellulare, vesto con abiti comprati nei negozi, mi muoverò in macchina... Intendo questo quando dico che al 98% la nostra vita è regolata dall’economia. Questa è la vita di tutti noi oggi: non ha senso «essere contro», dobbiamo aiutare a cambiare in meglio. La Chiesa deve essere il lievito della società, aiutarla a crescere. Siamo per il mondo, non contro il mondo.

Lei è anche rettore del Seminario. La crisi delle vocazioni è un tema vero? E se lo è, come può risolverlo la Chiesa?

È un tema vero e centrale, come lo è per tutti noi quello di dedicarsi a qualcosa in modo duraturo. Per come la Chiesa comprende sè stessa è ovviamente un problema non avere sacerdoti: l’annuncio della Parola, i sacramenti, la liturgia, sono impensabili senza sacerdoti. Non ho una formula semplice per risolvere questo problema. Diciamo che non credo in riforme strutturali, e non le chiedo. Non credo che debba cambiare il ruolo e l’immagine del prete, penso invece che dobbiamo fare capire quanto possa essere bello fare il sacerdote oggi. Ma il sacerdote come lo conosciamo, non un’altra cosa.

Quali sono le sue reazioni leggendo dello scandalo in Vaticano?

Reazioni alla lettura, appunto. Non ho notizie dirette, leggo gli articoli sui giornale e siccome trovo anche molte cose contraddittorie tra loro, sospendo il giudizio. Certo che è una lettura che rende tristi. Spero che questi fatti possano aiutare tutti, dalla Curia romana alle comunità delle parrocchie, a crescere e a rinnovarsi. A diventare sempre di più come il Vangelo ci chiede.

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