Dopo il blitz riecco la baraccopoli

Sotto ponte Marlengo a pochi giorni dall’operazione-sgombero si è creato un nuovo accampamento


di Simone Facchini


MERANO. Lo sgombero della sacca di degrado sotto ponte Marlengo è durato lo spazio di un fine settimana o poco più. Una ventina di persone ha già ripopolato la zona, vite ai margini che sono tornate in quel lembo di terra “dimenticato” sulla sponda sinistra dell'Adige. Sopra, sul viadotto, corrono le automobili; sotto, trascorrono esistenze fuggite dalla miseria che non trovano, o forse neanche cercano, un riscatto.

Ieri mattina gli addetti della cooperativa incaricata di ripulire la zona sulla base di un'ordinanza del sindaco dovevano compiere le ultime operazioni, già prolungatesi più del previsto perché a ogni metro quadrato liberato dai rifiuti se ne scopriva un altro ostaggio delle immondizie e dei residui dei bivacchi. Accedendo alla zona, gli operai si sono imbattuti nella comunità sgomberata giovedì scorso, quando i vigili urbani sono penetrati nella zona aprendo la strada all'intervento di pulizia. A distanza di pochi giorni gli abitanti del ghetto hanno già gettato le “fondamenta” della baraccopoli smantellata la scorsa settimana.

«La polizia municipale – asserisce Fabrizio Piras, comandante dei vigili urbani – è intervenuta per dare esecuzione all’ordinanza che prevedeva l'abbattimento delle strutture, ripari eretti con mezzi di fortuna, e la pulizia dell'area. Ragioni di ordine igienico-sanitario lo imponevano. Certo è che il problema è di difficile soluzione».

Due anni fa era stata compiuta un’azione analoga. Dopo quella di giovedì scorso, a questo punto, la vicenda pare destinata a replicarsi: sgombero, nuova occupazione, nuova esigenza di bonifica. Interdire del tutto l'accesso all’area è complicato, e con ogni probabilità finirebbe al massimo per spostare il problema senza risolverlo. Anche i tentativi di approccio con il sistema di aiuti sociali hanno fallito, almeno finora. L’integrazione rimane una chimera.

Gli occupanti sono tutte facce note alle forze dell'ordine, ripetutamente identificate, provenienti per la quasi totalità dalla Romania. Vivono di elemosina. L'ordinanza in un passaggio sottolineava la necessità dello sgombero anche per “prevenire e combattere una situazione di degrado e di isolamento che potrebbero favorire l'insorgenza di reati e fenomeni criminosi”: segno che alle motivazioni di natura igienica se ne aggiungono altre di sicurezza.

In passato gli individui identificati sono stati segnalati ai servizi sociali. Gli sono state indicate delle possibilità. Ma i percorsi di inclusione, quando sono stati intrapresi, si sono presto interrotti tornando a fare rotta verso quell’accampamento in riva al fiume, desolato rifugio per esistenze borderline.

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