Ecco le famiglie multikulti: Bolzano cambia faccia

"Together" è un progetto di Anna Da Sacco, 37 anni, fotografa professionista



di Fabio Zamboni

BOLZANO. Venti storie, racchiuse in altrettante fotografie che da questa sera diventeranno una mostra negli ampi corridoi al piano terra dell'Università di Bolzano. Venti storie di"famiglie interculturali" come recita il sottotitolo dell'iniziativa curata dal Comitato pari opportunità della LUB. Storie di famiglie unite, come dice il titolo"Together" (insieme).

Unite da quella integrazione fra culture diverse che richiede appunto un supplemento di complicità, di affinità magari poco elettive ma costruite su una certezza: la diversità può funzionare, eccome.

"Together" è un progetto di Anna Da Sacco, 37 anni, fotografa professionista, origini padovane ma bolzanina d'adozione: «Abito qui da sei anni e ho lavorato per giornali e agenzie. Mi piace occuparmi di documentazione, soprattutto nell'ambito del sociale. Ogni anno cerco di realizzare un progetto mio. Questa volta ho trovato l'appoggio della"Rete per i diritti dei senza voce" e sono arrivata a"Together" guardandomi intorno e notando come cresce la società multietnica qui in Alto Adige. Soprattutto come interagiscono gli"indigeni" con chi arriva da altri mondi. E allora, tramite un passaparola e senza pretese sociologiche, ho ristretto il campo alle famiglie miste, quelle costruite su una coppia in cui uno è altoatesino e l'altro straniero. E qualcuna su coppie locali che hanno adottato bimbi di altri continenti».

Together: è la fotografia dell'esistente, cioè di quelli che stanno appunto"assieme", o è anche un messaggio, un auspicio a una società sempre più integrata? E anche un auspicio, perché solo assieme si può costruire la società del futuro. Cosa che comunque sta già accadendo, e la mia mostra lo documenta,"fotografando" la realtà attuale. Ha esplorato sia nell'ambito italiano sia in quello tedesco? Certo. Ho lavorato solo nelle città, a Bolzano, Merano e Bressanone, trovando molte coppie sia italiane sia tedesche. E forse ho trovato più disponibilità fra i sudtirolesi, e questo mi ha stupito, pensando alla monoliticità del mondo tedesco che sembrerebbe più preoccupato dal fenomeno immigrazione.

"Un elemento in comune a queste immagini è il sorriso. Che le famiglie miste siano più felici? I sorrisi non li ho richiesti io, forse derivano dal clima rilassato in cui abbiamo lavorato. O forse è una gioia motivata: in queste famiglie c'è una coesione forte, speciale, perché sono coppie che hanno dovuto lottare per mettersi assieme e per restare assieme: resistenze dei parenti, ostacoli burocratici, difficoltà a lasciare i Paesi di provenienza. Difficoltà che richiedono un impegno supplementare, anche se spesso hanno una cerchia di amicizie allargata rispetto agli altoatesini. Che cosa chiedeva ai soggetti di queste immagini? Solo di stare vicini, di abbracciarsi. E non ho faticato a convincerli.













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