«Finalmente è caduto anche il nostro muro»

Obermair: «Non è più un manufatto violento cambiare nome alla piazza non serve più»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. E adesso, cambiate il nome alla piazza? «E perché? Il 21 luglio 2014 è caduto il nostro muro. Il monumento si chiama alla Vittoria ma ora è di tutti. E piazza Vittoria testimonia un percorso di democrazia. E' una vera vittoria. Non è più "quella" vittoria ma la nostra, dei nuovi altoatesini». Hannes Obermair ha passato ore difficili la mattina del 21. Lui e gli altri storici che hanno fatto la rivoluzione. I cinque dell'Ave Maria (con Obermair, anche Soragni, Di Michele, Roilo e Spada) che hanno inventato l'anello, il museo e tutto il resto che ci ha cambiato la vita. «Non ho dormito. Pensavo: e se non piace a nessuno? Se ci saranno attacchi, malumori? Poi sono andato al monumento e ho visto tutta quella gente prima dell'inaugurazione. Che entrava e usciva. E poi l'assalto e le file. Bene, mi sono detto, questa notte posso dormire». Ecco la Bolzano che non t'aspetti. O meglio, Hannes Obermair, direttore dell'Archivio storico comunale, studioso del Novecento, una passione per il socialismo austriaco e per quello italiano ante Prima Guerra («Il mio faro culturale è Matteotti»), chiamato nel team che avrebbe dovuto depotenziare la Vittoria, una Bolzano così un poco se l'aspettava. Anche se qualcuno lo guardava di traverso nei mesi che hanno preceduto l'inaugurazione.

Avete ricevuto pressioni dalla politica?

«No, mai nessuno che chiamasse per suggerire qualcosa. E poi io non le temevo le pressioni. Temevo invece le aspettative».

Lei ha sensori nel mondo di lingua tedesca. E il monumento è un vecchio problema...

«Molti mi hanno sostenuto. La maggioranza. Ma sentivo che altri mi consideravano un venduto. O da guardare con sospetto. Ma erano soprattutto della destra tedesca. Immagino che anche quella italiana la pensasse allo stesso modo. Ma adesso dico: se avessimo accontentato costoro, allora sì che avremmo sbagliato. Vedere tanti bolzanini sereni dentro il monumento mi ha fatto capire invece che eravamo rimasti sulla strada giusta».

E l'anello? Come è nato?

«Giorno dopo giorno. L'idea è cresciuta insieme alle altre. Ci dicevamo: come possiamo inventarci qualcosa di tangibile che faccia comprendere dall'esterno che dentro qualcosa era cambiato? Se no, non si sarebbe capito che un intero territorio si era confrontato con una presenza ingombrante. Ma doveva essere una cosa leggera. E qualcuno ha detto: perché non ironica?»

E sono arrivati i led.

«Volevamo contrapporre la leggerezza alla pesantezza. E poi: ha presente la "Gaia scienza"? Ecco, se il sorriso può far transitare un nuovo sapere, bene. Tutti lo capiranno. Tutti si sentiranno meno pesanti, angosciati da un approccio sacrale alla storia. Che ci ha fatto star fermi per ottant'anni».

In effetti l'anello non ha offeso nessuno...

«E' così. Anche perché è collegato ad un discorso complessivo. C'è anche la stele, dietro il monumento, che fa da contrappunto, da contraltare democratico alle scritte di esaltazione colonialistica, Libia, Spagna, Africa. Erano questioni problematiche che non si potevano affrontare di petto».

A Spagnolli l'anello non sembra sia piaciuto..

«Non è proprio così. L'ho sentito in queste ore. Non vuole toglierlo, anzi. Il suo era un giudizio meramente estetico. Mi ha detto che è stato travisato...».

Salghetti era felice davanti al cartello di piazza dellaPace nella cripta.

«Lui è stato un sindaco coraggioso. Ha operato con giustizia e passione. E' stato un precursore e ha compiuto un grande tentativo di democratizzazione».

Proprio per questo è stato detto: ora cambiamo il nome alla piazza.

«Non sono d'accordo. Dal 21 luglio il monumento non è più un manufatto violento. È stato storicizzato e, cambiando pelle, l'ha cambiata anche alla piazza. Adesso piazza della Vittoria testimonia la vittoria della democrazia, della civiltà. E' la vittoria della convivenza e di tante persone coraggiose che hanno voluto che cadesse il nostro muro. Sento che è venuto meno l'impeto che stava dietro il cambio del nome solo pochi giorni fa. Non è giusto sprecare energie, scaldare gli animi adesso. Sarebbe uno spreco. Pensiamo al duce e a fare andare avanti il percorso dentro e fuori il monumento».

Dove ora si entra gratis. E' stato un caso?

«No. L'entrata gratuita è importantissima. Significa: questa è casa mia non "loro". Siamo pionieri in Italia. In Inghilterra e Francia lo hanno già fatto».

Perché manca il ladino nelle scritte?

«Ci siamo posti a lungo il problema. Ammetto che è uno dei pochi terreni su cui siamo attaccabili. Ma la domanda era: ladino gardenese o badiota? E poi, avendo scelto anche l'inglese come "koinè" , lingua franca, ci sarebbero state quattro lingue. Forse troppe. Ma ci stiamo pensando. E intanto mettiamo il ladino in rete».

Gli specialisti dicono: nel percorso manca la contestualizzazione. Le ragioni della Prima guerra, il pengermanesimo come interfaccia dell'irredentismo, le colpe...

Ci hanno dato un compito definito: il monumento. E poi, per capire che c'era stato anche un "prima" abbiamo riesumato il monumento ai Kaiserjäger. Basta no?».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità