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Finalmente un letto al caldo per Yessica: gara di solidarietà per aiutarla

Tante persone ieri si sono offerte di trovarle una sistemazione. Messo a disposizione un posto anche dai Servizi sociali. Il dolore dei genitori: «Abbiamo fatto di tutto per lei, è stata una sua scelta andarsene di casa. Ma se lei vuole, ci siamo»


Luca Fregona


BOLZANO. Yessica ha trovato una sistemazione al caldo e ieri, dopo quaranta giorni passati in strada, ha lasciato i cartoni sotto il porticato all’inizio della passeggiata del Guncina.

Grazie al- la mobilitazione di alcune signore della zona che in queste settimane le hanno procurato cibo e coperte, la sua storia è divenuta pubblica. In molti si sono presentati a fornirle aiuto. Privati cittadini, ma anche gli operatori delle unità di strada dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano, mandati dalla direttrice Liliana Di Fede, che le hanno offerto un posto in una struttura protetta e stanno seguendo il caso di ora in ora. Yessica, che è maggiorenne, ha scelto in maniera autonoma dove andare.

«Finalmente tiriamo un sospiro di sollievo - dicono quelle che lei chiama “le mie mamme” -. La cosa importante è che non stia più al freddo, in una situazione di potenziale pericolo. Non ci saremmo mai perdonate, se le fosse successo qualcosa. Il fatto, poi, che sia seguita anche dagli operatori Assb in modo attento, è una garanzia in più. Adesso Yessica ha una possibilità per ripartire daccapo, tante persone le stanno dando aiuto. Speriamo ce la faccia a rialzarsi e uscire definitivamente da una situazione di grave disagio».

A 20 anni da tre mesi senza un tetto, le notti al gelo: «Al buio ho un po' paura, ogni tanto mi tirano sassi»

Jessica, 20 anni, non ha più una casa né un lavoro. Dorme tra i cartoni, al gelo, come tanti altri disperati. C'è chi la aiuta, con pasti caldi, vestiti e coperte.

Il caso di Yessica è noto da tempo ai servizi sociali, ma la ragazza da alcune settimane era di fatto sparita dal radar delle unità di strada, nascosta in un angolo gelido del Guncina.

Il dolore della famiglia

I genitori adottivi di Yessica si dicono molto addolorati per la situazione in cui si è trovata la figlia. «Da quaranta giorni non avevamo più sue notizie - riferiscono all’Alto Adige -. Aveva- mo paura le fosse successo qualcosa di grave. Ci teniamo però a chiarire che nessuno l’ha buttata fuori di casa, cacciata o abbandonata. Anzi, abbiamo fatto di tutto per aiutarla in questi lunghi anni, ma la decisione di andarsene, e rompere i rapporti, è stata sua. Noi, certo, esigevamo il rispetto di alcune regole elementari, ma Yessica ha sempre fatto fatica a condurre una vita normale».

Dal loro racconto emerge una realtà molto complessa e dolorosa. «Siamo molto provati. Dalla scuola al lavoro, le siamo sempre stati accanto, accompagnandola tra mille difficoltà. Abbiamo cercato di fornirle ogni possibile supporto economico, educativo e lavorativo, ma per raggiungere dei risultati concreti, ci voleva anche una determinazione da parte sua, che purtroppo è mancata. Speriamo davvero che per lei sia una ripartenza. Se vorrà, le saremo di nuovo accanto, come sempre, del resto. Chiediamo solo di non essere giudicati in modo sbagliato. Abbiamo fatto davvero tutto quello che potevamo. Bisogna viverle certe situazioni, per capirle fino in fondo».

La storia di Yessica è sì quella di tanti ragazzi e ragazze, che non riescono a trovare un posto nella società e si autoesiliano ai margini, in un mondo di tenebra, ma l’oscurità avvolge anche le famiglie, spesso lasciate sole nell’affrontare problemi ed emergenze molto più grandi di loro. Le reazioni Resta il dovere civico di chi vede una persona in difficoltà di intervenire. Come hanno fatto le mamme di Gries. «Se le fosse accaduto qualcosa di irreparabile - dicono -, ci saremmo sentite moralmente responsabili». Di Yessica ce ne sono tante e tanti nelle strade di Bolzano.

La stragrande maggioranza sfugge alle antenne dei servizi sociali, e anche alla nostra vista. Non sappiamo dove vivono, come campano. Non abbiamo idea delle violenze e degli stenti. «Ma se scatta il bip - dice la signora che più è stata vicina a Yessica in queste settimane - non possiamo girarci dall’altra parte e far finta di niente. Una possibilità va data una, due, tre volte, e ancora, e ancora...». Insomma, non è finita fino a quando non è finita. Sulla vicenda interviene anche il noto scrittore bolzanino Luca D’Andrea, che sul caso di Mostafa, il giovane egiziano morto di freddo a Bolzano Sud, ha scritto su “La Stampa” un articolo molto critico nei confronti del modello asettico e razzista della società altoatesina che scarica le emergenze sul capoluogo («gli angioletti sudtirolesi hanno sempre gli occhi chiusi». E ancora: «40 milioni all’anno per il marketing e nemmeno una coperta per Mostafa»). «Yessica - sottolinea D’Andrea - il suo futuro lo deve decidere lei. La società ha però l’obbligo morale di darle cibo, un posto caldo e fornirle assistenza psicologica e fisica. Su questo non si discute».













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