Fontana Bianca, l’agonia del ghiacciaio alpino 

Due giorni di convegno in Val d’Ultimo per studiare la fine di neve e ghiaccio Dopo 31 anni si riducono le misurazioni nella zona di Cima Sternai


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Questo era il ghiacciaio di Fontana Bianca nel 1983, quando la neve arrivava fino a Cima Sternai (3.443 metri); oggi si presenta così: poca neve in mezzo a lastroni di ghiaccio e roccia. Il ghiacciaio è ormai in agonia». Michela Munari, direttrice dell’Ufficio idrografico, e il suo vice Roberto Dinale sono appena tornati dalla due giorni di convegno a Santa Gertrude in Val D’Ultimo, al quale hanno partecipato esperti dell’Università di Innsbruck, Graz e Padova oltre che del World glacier monitoring service di Zurigo.

L’incontro scientifico, promosso dall'Ufficio idrografico nell'ambito del progetto Interreg, è stato organizzato in occasione della decisione di sospendere le campagne di misura sul ghiacciaio, perché considerato ormai un “malato grave”: inutile insistere dunque con l’accanimento terapeutico”, ovvero con le misurazioni.

Il progressivo ritiro del ghiaccio rende sempre meno rappresentativi i risultati conseguiti ed espone gli addetti alle misurazioni al rischio di frane e cadute sassi.

«Alla fine però - spiega la direttrice - anche su sollecitazione dei colleghi, abbiamo deciso di proseguire seppur in maniera ridotta, perché è importante osservare l’esaurimento del ghiacciaio. Questi studi ci danno informazioni importanti sui cambiamenti climatici in atto. Quello che sta succedendo sul ghiacciaio di Fontana Bianca è una sorta di cartina al tornasole dei mutamenti a livello mondiale, dove si registra un progressivo aumento delle temperature. Le precipitazioni ci sono, ma anche ad alta quota capita che, nei periodi in cui in passato nevicava, adesso piove. E la neve quando c’è, si scioglie prima. Sono cambiamenti che avranno pesanti ripercussioni sulla vita del pianeta. Alle migrazioni per fame e guerre si prevede che si aggiungeranno quelle per ragioni “climatiche”. Per questo è importante “ascoltare” il messaggio che arriva dai ghiacci e cercare, nel limite del possibile, di ridurre l’inquinamento, principale responsabile dell’aumento della temperatura».

Attualmente in Alto Adige sono cinque i ghiacciai sotto osservazione: il Fontana Bianca in Val d’Ultimo appunto, il Vedretta Lunga in Val Martello, la Vedretta occidentale di Ries (Valle Aurina), Malavalle e Vedretta Pendente entrambi in Val Ridanna.

«Ma il Fontana Bianca - spiega il vicedirettore dell’Ufficio idrografico Roberto Dinale - è il più importante, perché ne stiamo studiando la storia e quindi l’evoluzione da 31 anni. Sugli altri quattro i controlli sono cominciati dopo».

Il monitoraggio sul ghiacciaio della Val d’Ultimo è cominciato nel 1983: a volerlo era stato Paolo Valentini, direttore all’epoca del neonato Ufficio idrografico della Provincia. Da allora c’è stata solo una breve interruzione.

Due sono i tipi di misurazioni che vengono effettuati: bilancio di massa e variazione di volume attraverso delle aste posizionate, da ottobre a settembre dell’anno successivo, in quindici punti del ghiacciaio. Il risultato è allarmante.

«Quando negli anni Ottanta - spiega la direttrice Munari - sono iniziate le misurazioni il ghiacciaio si estendeva su 60 ettari; oggi gli ettari sono esattamente la metà; si sono persi circa 20 milioni di metri cubi di acqua con un assottigliamento medio del ghiacciaio di circa 30 metri. Solo in tre occasioni, in media ogni 10 anni, il bilancio di massa è stato leggermente positivo; l’anno peggiore il 2003».

Il destino del ghiacciaio di Fontana Bianca - e non solo questo - è dunque segnato, ma l’ampia documentazione raccolta in 31 anni di indagini, sarà un’importante testimonianza storica del cambiamento del clima per le generazioni future.

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