Frana Cianross: assolto il geologo

Lo smottamento del 2006 non fu causato da imperizia del professionista


Mario Bertoldi


BRUNICO. La Procura parlò di «gravità sconcertante» ma il processo sullo smottamento del 2006 che distrusse l'impianto Cianross si è chiuso con un'assoluzione. Un sospiro di sollievo per il geologo Filippo Baratto dello studio «Hgeo» di Badia Polesine. Per lui il pubblico ministero Axel Bisignano aveva chiesto una condanna a 9 mesi di reclusione per disastro colposo. E' stato però più convincente l'avvocato difensore Tito Boscarolli che ha confutato punto per punto gli elementi dell'accusa ottenendo l'assoluzione del professionista (seppur con riferimento all'insufficienza della prova) «per non aver commesso il fatto». Filippo Baratto (che nel corso dell'iter processuale ha sempre rifiutato ogni ipotesi di patteggiamento) era stato accusato di aver provocanto involontariamente il disastro. Il capo d'imputazione parlava di imperizia, imprudenza e negligenza. In sentenza non è rimasto nulla. Il giudice Oswald Leitner ha ritenuto che l'inchiesta non abbia portato ad alcuna certezza sul fronte delle responsabilità. L'avvocato Boscarolli è riuscito a dimostrare che il proprio assistito avrebbe svolto correttamente i compiti che gli erano stati affidati per una consulenza solo parziale relativa al nuovo impianto di risalita. Gli accertamenti geologici non avrebbero mai interessato il versante ove venne poi realizzata la nuova pista da sci che in seguito scivolò a valle in occasione del grave smottamento. Il processo (durato oltre tre anni a seguito della necessità di far deporre molti testimoni ed esperti) ha vissuto la fase decisiva nel confronto tra consulenti tecnici. La Procura si è mossa forte delle conclusioni del professor Rinaldo Genevois, la difesa ha risposto con il professor Colleselli dell'Università di Brescia. Al geologo finito sotto processo venne imputata la decisione di non effettuare una prova «penetrometrica dinamica» prevista nella parte alta del versante, proprio nei pressi della futura stazione a monte dell'impianto di risalita. In pratica l'accusa sostenne che questa mancata verifica tecnica avrebbe indotto l'imputato a dare per scontato ciò che scontato non era, non accorgendosi di una copertura detritica di spesso rilevante. Queste considerazioni tecniche sono state però confutate, in sede di giudizio, dal consulente della difesa che ha provato la presenza di roccia ad appena due metri di profondità.













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