Frassati, l’alpinista di Dio porta la pace tra Cai e Avs

In 300 con il vescovo al Santuario di Lazfons per la messa di intitolazione


di Francesca Gonzato


LAZFONS. Tutti in montagna con il vescovo Ivo Muser per ricordare il beato Pier Giorgio Frassati, il suo modo di vivere la fede, la passione per l’alpinismo, la bontà di un uomo morto troppo giovane (a 24 anni nel 1925). Al santuario Santa Croce di Lazfons è stato inaugurato ieri il sentiero dedicato a Frassati e si è chiuso il percorso iniziato nel 1990, quando Giovanni Paolo II proclamò beato Pier Giorgio Frassati, e nel 1996 venne inaugurato in Campania il primo sentiero dedicato a questo piemontese, erede di una famiglia importante (il padre Alfredo fu il fondatore del quotidiano La Stampa), che aveva dedicato la vita a chi aveva bisogno, in città come in montagna. I discendenti di Frassati hanno seguito con partecipazione questa riscoperta della figura di Pier Giorgio e ieri sono salite al santuario le nipoti Nella e Wanda Gawronska (figlie di Luciana Frassati, la sorella del beato).

Da ieri i sentieri Frassati sono 21 e non manca più alcuna regione all’appello. Trecento persone hanno partecipato alla cerimonia di intitolazione. Una cerimonia che è diventata una intera giornata in montagna organizzata dal Cai nazionale (presenti il presidente Umberto Martini, l’ex presidente Roberto De Martin) e dal Cai Alto Adige, con il taglio del nastro in paese a Lazfons (con il sindaco di Chiusa Maria Anna Gasser Fink) e la camminata dal parcheggio Kühof al Santuario Santa Croce, il più alto d’Europa. C’erano i rappresentati di tutte le regioni, per la cerimonia di fusione delle acque raccolte negli altri 20 sentieri dedicati al beato. E c’era anche Georg Simeoni, il presidente dell’Avs, che ha accettato l’invito di Giuseppe Broggi, il presidente provinciale del Cai. Ma l’hanno sempre detto, cartelli a parte, i rapporti restano ottimi. C’erano alcune navette a disposizione, per chi avesse preferito evitare la camminata, ma ha declinato gentilmente l’offerta il vescovo Muser, che anzi ha guidato di buon passo il corteo accompagnato dal segretario Markus Moling. «Camminare in montagna è il mio unico sport e mi piace molto», confida Muser. Non sapeva, il vescovo, che a metà del percorso lo aspettava una sorpresa. Alla Runggerer Saltnerhütte hanno rispettato la tradizione che voleva i vescovi accompagnati al santuario a dorso di cavallo. E così monsignor Muser ha trovato un cavallo ad aspettarlo alla malga, che lo ha accompagnato fino al santuario. «Ma non dite che è per risparmiare la fatica», ammonisce. Al santuario il vescovo Muser ha celebrato la messa all’aperto. Da lì si gode un panorama mozzafiato dalla Marmolada allo Sciliar. Sempre il Cai sceglie un sentiero con una forte connotazione religiosa e naturalistica per l’intitolazione a Frassati e in Alto Adige la scelta è caduta sul percorso che porta a Santa Croce, da ieri rinominato «sentiero Beato Frassati».

«Un luogo meraviglioso, non potrebbe essere più bello», secondo le sorelle Nella e Wanda Gawronska. Il vescovo ha dedicato al beato una omelia ispirata e piena di rispetto per la figura del giovane alpinista, il cui motto era «verso l’alto», ha ricordato Muser , «In questo giovane testimone della fede troviamo un ardente desiderio di conoscere l’infinita bellezza di Dio, una bellezza che è così grande, che l’uomo può semplicemente contemplarla e rimanerne avvolto, in silenzio, così come accade quando ci troviamo di fronte a un paesaggio come quello che possiamo contemplare da quassù, un paesaggio capace di toglierci il fiato». Monsignor Muser fa proprie le parole di Giovanni Paolo II, che aveva descritto Frassati come «un giovane moderno, pieno di vita, che non presenta granché di straordinario. Ma proprio questa è l’originalità della sua virtù, che spinge all’imitazione. Sull’esempio di questo giovane beato persone di tutta Italia si sono date la mano per salire qui. Ma poi dovremo scendere, e l’esempio è quello di un cammino quotidiano di testimonianza».

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