Gli altoatesini? «Arroganti e secchioni» 

La percezione degli italiani per la Provincia speciale: bel paesaggio, folclore, affidabilità, ma freddezza. Trentini «accoglienti»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Arroganti, antipatici proprio. Più disponibili con i turisti tedeschi. E anche cari. Bravi, precisi, legati alla tradizione, circondati da panorami meravigliosi, ma freddi. L’Alto Adige è servito. È stata commissionata una indagine sull’immagine dell’Alto Adige tra gli italiani, frequentatori e non frequentatori. E gli italiani hanno risposto a bruciapelo. Ma il calice è ancora più amaro. L’indagine ha messo a confronto l’Alto Adige con il Trentino: i vicini oltre Salorno sono risultati più accoglienti, empatici. L’autonomia speciale è invece maggiormente conosciuta del previsto, ma in superficie. «Abbiamo un problema e dobbiamo risolverlo», tira le conclusioni il presidente provinciale Arno Kompatscher, «Non possiamo più sembrare i primi della classe arroganti». Ma? «Sempre i primi della classe, ma quelli che passano i compiti ai compagni». Partirà una strategia per «umanizzare» l’autonomia. «Sensibilizzazione» è il termine utilizzato. L’operazione simpatia. Perché i problemi svelati dall’indagine non riguardano il turismo, come è evidente, ma la percezione dell’autonomia speciale nel resto d’Italia. I risultati della ricerca sono stati presentati ieri in consiglio provinciale da Marco Pappalardo (responsabile dell’Agenzia stampa e comunicazione della Provincia) e Laura Cantoni (esperta di ricerche di mercato, società Astarea). Era stato proprio il Consiglio, approvando nel 2016 una mozione di Elena Artioli (Team A) a sollecitare un «progetto di comunicazione sulla nostra autonomia» per riparare ai danni, tra l’altro, dello scandalo dei vitalizi su cui i media hanno infierito. Artioli e le altre opposizioni hanno contestato ieri l’assenza di dibattito.

LA RICERCA. L’indagine si è basata su 10 focus group, sei persone di 35-60 anni ad ogni tavolo a Milano, Roma, Bari. Effettuata anche una indagine quantitativa, che ha coinvolto 600 persone rappresentative della popolazione italiana. L’82% sa che il Trentino Alto Adige è una regione a statuto speciale, ma il 46% ritiene che ciò significhi piena potestà legislativa. Südtirol? Per il 55% esiste solo la denominazione Alto Adige. Poi si passa alle associazioni immediate del Trentino Alto Adige: tra le caratteristiche descritte dai cittadini intervistati, natura rigogliosa, montagna, rigenerazione psicofisica, espressioni di ordine (rispetto delle regole). Poi arriva l’analisi a confronto tra Alto Adige e Trentino. Perché questa scelta? «Perché siamo una regione e siamo anche concorrenti in alcuni settori, a partire dal turismo», spiega Pappalardo. Su 600 intervistati, il 45% non è mai stato in Alto Adige, il 40% in Trentino.

I PRO E CONTRO. Le ragioni presentate per venire in Alto Adige: ricerca di serenità, tranquillità e ordine, sport, immersione nella natura. E poi «un’atmosfera diversa, un viaggio nella diversità mettendosi alla prova». E Queste sono le barriere percepite per frequentare l’Alto Adige: turismo elitario, prezzi elevati, distanza geografica, pochi svaghi, difficoltà linguistiche, austerità, perfezionismo, senso di superiorità, rigidità senza cordialità.

Amaro il confronto, riferisce Laura Cantoni: «In rapporto con il Trentino, la popolazione dell’Alto Adige è percepita come un po’ più vecchia, un po’ più antipatica e rigida, un po’ più egoista, un po’ più etica e più tradizionale. Visto come brand, l’Alto Adige è percepito come posto di grandi tradizioni e valori morali, associato al costume tirolese, mentre il Trentino è più legato ad accoglienza e accessibilità, associato a segni più generalisti, come montagne e baite. La relazione col turista è percepita come esclusiva («si ha la percezione che il turista tedesco sia preferito a quello italiano, che non sia l’operatore ad adattarsi al turista ma il contrario»)». La percezione di stare a casa è del 38% in relazione all’Alto Adige, del 66% rispetto al Trentino. I cartelli solo in tedesco avranno aiutato? Grandi differenze tra le due province percepite sul carattere della popolazione, architettura (più coerente in Alto Adige), gastronomia e innovazione.

LA STRATEGIA. Individuati i problemi, quali soluzioni? La Provincia ha incaricato una società di Pr (Weber Shandwick, tra le società leader, ndr), che si occuperà di una strategia di lungo periodo di ricostruzione dell’immagine. Budget? «Sotto i 50 mila euro all’anno. Non faremo campagne pubblicitarie», precisa Pappalardo. La parola chiave sarà storytelling. Così Kompatscher: «Ci sono molte cose che sappiamo fare bene e che possiamo mettere a disposizione del Paese. E tutto ciò è possibile, grazie all’autonomia speciale, che ci ha dato competenze, da cui si sono sviluppate le nostre eccellenze, dall’ambiente, alla protezione civile, la mobilità. E quando serve, aiutiamo, come nel terremoto. Ma non dobbiamo ricadere nell’immagine dei bravi, ma arroganti. I risultati della ricerca non mi hanno stupito: ci sono problemi veri e pregiudizi». Ai media italiani verranno proposte storie e «ambasciatori». La lettura polemica di Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore): «Parte la macchina della propaganda a spese del contribuente, si lavorerà sulla percezione dell'Alto Adige non sui vizi del sistema». La Stf lamenta: «Adesso siamo pure arroganti»

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